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Coronavirus, in Lombardia scontro Fontana-Sala sulla ripartenza | Veneto, Emilia e Piemonte: le idee in campo

Il sindaco di Milano definisce uno slogan la proposta delle "4 D" con cui il governatore punta alla riapertura il 4 maggio. E anche nelle altre Regioni del Nord non esiste un unico protocollo

E' stata definita "la via lombarda alla libertà dal 4 maggio" ed è la proposta del governatore Attilio Fontana per riprendere le attività dopo il lockdown con cui si è cercato di arginare la diffusione del coronavirus. Il programma in "4 D" (distanza, dispositivi, digitalizzazione e diagnosi) non convince il sindaco di Milano Beppe Sala che lo ha definito uno slogan. E' scontro, dunque, in Lombardia su come impostare la cosiddetta fase 2 mentre in Emilia-Romagna, Veneto e Piemonte ognuno sembra avere una sua strategia. 

La proposta di Fontana - In Lombardia, in assoluto la Regione più colpita dalla pandemia, si cerca di vedere la luce in fondo al tunnel ipotizzando le possibili soluzioni in vista di una ripartenza. Il 3 maggio è la data nella quale scade l'attuale Dpcm con cui il governo ha prolungato chiusure e divieti. Quella del 4 maggio, dunque, viene vista come data utile per provare, o quanto meno iniziare, la ripartenza. Con le dovute precauzioni, naturalmente. L'idea del governatore Fontana è quella sintetizzata nelle cosiddette "4 D": distanza (almeno un metro di sicurezza tra le persone nei luoghi pubblici e nei luoghi di lavoro); dispositivi di protezione personale (obbligo, cioè, di utilizzare le mascherine); digitalizzazione (smart working obbligatorio per tutti coloro che possono); diagnosi (con i test sierologici già utilizzati da alcuni Comuni per verificare lo stato di salute dei cittadini). 

 

La replica di Sala - "Le 4 D della Regione sono solo uno slogan": così il sindaco di Milano Beppe Sala ha replicato all'idea del governatore. Sullo sfondo della ripartenza, quindi, si innesca lo scontro Comune-Regione visto che Sala si è detto favorevole, sì, a riaperture graduali ma non le ha mandate a dire alla giunta e alla sua mancanza di pianificazione. Il primo cittadino milanese ha espresso così i suoi dubbi, partendo dai trasporti: "Come faremo con Atm o Trenord a garantire la distanza?". E ancora: sarà davvero possibile per tutti munirsi di mascherine o basteranno, come già detto da qualche assessore, sciarpe o foulard per coprire bocca e naso? Per quanto riguarda lo smartworking, Sala ritiene necessario un tavolo con gli imprenditori mentre per quanto riguarda i test sierologici il dubbio è: "Quanti milanesi potranno usufruire del test prima di tornare al lavoro, entro il 4 maggio?". 

 

La lettera del sindaco - Nelle ultime ore, Sala ha comunque cercato di tendere la mano alla Regione evitando chiusure o scontri netti. Il sindaco, infatti, ha inviato una lettera a Fontana per manifestare la disponibilità del Comune a collaborare "a partire da subito, per costruire insieme le condizioni necessarie alla gestione della crisi e all'uscita dall'emergenza". 

 

Zaia: "In Veneto pronti a riaprire" - Quella lombarda sembra la via più difficile, perché lastricata dagli ostacoli dei numeri dei contagi (ancora i più elevati a livello nazionale) oltre che dalle diverse opinioni dei governanti sui metodi e sui tempi della ripresa. Chi sembra avere pochissimi dubbi sui tempi è, invece, il governatore veneto, Luca Zaia: "Se ci sono i presupposti di natura sanitaria dal mondo scientifico, dal 4 maggio o anche prima si può aprire con tutto", ha detto.

 

Decisioni nazionali o regionali? - "Dal 4 maggio dobbiamo essere tutti pronti con dispositivi, regole, ovviamente negoziati con il mondo delle parti sociali e quello dei datori di lavoro. A me risulta che questo lavoro si stia facendo a livello nazionale con questa prospettiva", ha aggiunto Zaia. Ed effettivamente, almeno nelle intenzioni, a livello governativo l'idea di base è quella di studiare una ripartenza comune per tutto il Paese. Anche se alcune Regioni del Nord, come si vede, provano a muovere qualche passo in autonomia. E non tutti adottano gli stessi obblighi e gli stessi divieti: in Veneto Zaia ha già annunciato di aver eliminato la restrizione che limitava le camminate a 200 metri da casa ma esiste anche l'obbligo della mascherine. Cosa che non vale in Emilia-Romagna mentre in Piemonte l'obbligo è subordinato alla distrubuzione dei dispositivi da parte della Regione. 

 

Piemonte, mascherine e linee guida - In Piemonte, infatti, saranno distribuiti, con la collaborazione delle amministrazioni comunali, i 5 milioni di mascherine acquistate dalla Regione. "Non ho imposto l'obbligo delle mascherine senza darle prima i cittadini, perché costano care e sono difficili da reperire", ha spiegato il governatore Alberto Cirio. Per quanto riguarda la possibile ripartenza, il Piemonte sembra sulla stessa lunghezza d'onda del Veneto. "Parlare di normalità sarebbe imprudente ma credo che il 4 maggio si possa iniziare una nuova normalità", ha spiegato Cirio, secondo cui "aspettare a braccia conserte che il virus se ne vada per ripartire come prima, è il più grande errore che si possa fare". Cirio ha poi aggiunto che la Regione vuole elaborare e testare alcune linee guida per la ripartenza ocn la collaborazione di alcune aziende. 

 

Attesa e prudenza in Emilia-Romagna - In Emilia-Romagna Stefano Bonaccini sembra indirizzato verso una linea di maggior prudenza dettata, principalmente, dal non voler imporre l'utilizzo della mascherina prima di avere la certezza che questi dispositivi siano effettivamente a disposizione e alla portata di tutti. Qui, infatti, come spiegato dall'assessore all'Ambiente Irene Priolo e dall'assessore alla Sanità Raffaele Donini, le mascherine sono consigliate ma non obbligatorie. Lo stesso Donini ha sottolineato che distanziamento e dispositivi di protezione saranno comunque le regole per uscire dal lockdown e ha invitato a "non abbassare la guardia" e a evitare "comportamenti incauti" anche se "la curva epidemiologica si è abbassata". 

 

 

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