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Cassazione: "L'infortunio durante la pausa caffè non va risarcito" | "Lavoratore si assume rischi e pericoli"

Una sentenza che farà discutere quella emessa dai giudici supremi che hanno accolto un ricorso dell'Inail: anche se autorizzati dal proprio capoufficio la responsabilità è personale

Niente invalidità e nemmeno indennizzo per malattia per quei lavoratori che durante la pausa caffè subiscono un infortunio: è la sentenza emessa dalla Cassazione. I giudici supremi hanno accolto il ricorso dell'Inail contro l'indennizzo e l'invalidità in favore di una impiegata della Procura di Firenze che si era rotta il polso cadendo per strada mentre era uscita per un caffé.

L'impiegata era stata autorizzata dal proprio capo ad andare al bar all'esterno dell'ufficio poiché lo stabile era sguarnito di un punto ristoro. Per la Cassazione la "tazzina" non è una esigenza impellente e legata al lavoro ma una libera scelta. 

 

 

"Andare al bar? Ci si espone volontariamente a rischi" - Per i supremi giudici, non ha diritto alla tutela assicurativa dell'Inail chi affronta un rischio "scaturito da una scelta arbitraria" e "mosso da impulsi, e per soddisfare esigenze personali, crei e affronti volutamente una situazione diversa da quella inerente l'attività lavorativa", pur intesa in senso "ampio", "con ciò ponendo in essere una causa interruttiva di ogni nesso fra lavoro, rischio ed evento" di infortunio. Pertanto, prosegue il verdetto della Cassazione, "è da escludere la indennizzabilità" dell'incidente "subito dalla lavoratrice durante la pausa al di fuori dell'ufficio giudiziario ove prestava la propria attività e lungo il percorso seguito per andare al bar a prendere un caffè, dato che allontanandosi dall'ufficio per raggiungere un vicino pubblico esercizio, si è volontariamente esposta ad un rischio non necessariamente connesso all'attività lavorativa per il soddisfacimento di un bisogno certamente procrastinabile e non impellente".

 

 

In questo modo, Rosanna B. - l'impiegata di questa vicenda finita in Cassazione - con la scelta di andare al bar per la pausa caffè "ha interrotto la necessaria connessione causale tra attività lavorativa ed incidente". Ed è del tutto "irrilevante", prosegue il verdetto della Sezione lavoro dell'Alta Corte, "la circostanza della tolleranza espressa dal soggetto datore di lavoro in ordine a tali consuetudini dei dipendenti, non potendo una mera prassi o comunque una qualsiasi forma di accordo tra le parti del rapporto di lavoro, allargare l'area oggettiva di operatività della nozione di occasione di lavoro". Dunque il permesso del capo non garantisce assolutamente che la pausa caffè sia connessa a motivi di servizio. 

 

Impiegata costretta a pagare le spese legali - Rosanna che aveva vinto in primo e secondo grado davanti a Tribunale e Corte di Appello di Firenze e ottenuto dall'Inail l'indennità di malattia assoluta temporanea e l'indennizzo per danno permanente del 10% in relazione alla caduta per strada avvenuta una mattina di luglio del 2010, ora - a 11 anni dai fatti e dopo aver atteso dal 2015 la fissazione dell'udienza in Cassazione per la valutazione della sentenza di secondo grado emessa nel 2014 - ha perso il diritto agli indennizzi ed è stata condannata a pagare 5.300 euro di spese legali e di giustizia.

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