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Il papà di Seid, il giovane suicida a Nocera: "Il razzismo ha contato nella sua morte, continuerò la sua battaglia"

"Leggerò la sua lettera nelle scuole, nelle conferenze, sui campi di calcio. Il razzismo ha contato nella vita e nella morte di quel ragazzo"

Il papà di Seid Visin, ex giocatore delle giovanili del Milan morto suicida nella sua casa di Nocera Inferiore (Salerno), vuole continuare la battaglia del figlio contro il razzismo. E porterà le parole della sua lettera, che suonano proprio come una manifesto contro l'odio razziale, nelle scuole, nelle conferenze, sui campi di calcio. "Adesso so che il razzismo ha contato nella sua vita e nella sua morte", chiarisce. 

"Adesso a me e mia moglie è tutto più chiaro - dice Walter Visin, che adottò Seid, nato in Etiopia, all'età di sette anni . Daremo voce al pensiero di nostro figlio". 

 

Talento del calcio - Seid aveva 20 anni quando ha deciso di mettere fine alla sua vita. Talento del calcio, aveva giocato due stagioni nelle giovanili del Milan, dividendo la stanza con Donnarumma, e poi aveva giocato con il Benevento. Ma aveva preferito tornare a casa a studiare, a Nocera Inferiore (Salerno). 

 

La lettera contro il razzismo - Dopo il suo suicidio (inizialmente si era parlato di un malore),  era stata diffusa la sua lunga lettera contro il razzismo, scritta a gennaio 2019. "Ovunque io vada, ovunque io sia, sento sulle mie spalle come un macigno il peso degli sguardi scettici, prevenuti, schifati e impauriti delle persone", si legge in quel testo. 

 

 

Dopo che i media e i social avevano fatto conoscere a tutti quella lettera, papà Walter e mamma Maddalena di lui avevano detto che "era un ragazzo tormentato, con molti problemi. Ma il razzismo non c'entra con il suicidio. Quella lettera era uno sfogo superato". 

 

Il razzismo e l'impegno dei genitori - Adesso però, a più di un mese dalla morte di Seid, il padre chiarisce che il razzismo invece era un grosso peso sulla vita di quel ragazzo. Così, i genitori si sono messi in contatto con l'associazione "Mamme per la pelle" decidendo di continuare la lotta al razzismo del figlio. 

 

 

In quei giorni, racconta ancora il papà, "eravamo scioccati e confusi e abbiamo alzato dei muri per difenderci dal dolore. Ora invece lo sappiamo: sì, il razzismo ha contato nella vita e nella morte di nostro figlio. Seid era un ragazzo che aveva dei cassetti segreti chiusi nella sua mente, c'erano dentro dispiaceri e abusi subiti in Etiopia da piccolo, contenevano tutte le sue fragilità. Questo ha certamente contato nella sua decisione di togliersi la vita. Ma in quella decisione c'è anche il razzismo che ha vissuto come ragazzo nero qui in Italia". 

 

In questo mese di dolore il papà ha rivissuto il sorriso amaro di Seid quando qualcuno dice "adesso facciamo giocare questo sporco negro". "Io gli dicevo di non badarci - sottolinea il padre -, ma ora so che ogni parola può aprire una ferita". 

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