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Illeciti nella gestione dei migranti, Mimmo Lucano condannato: "Nemmeno a un mafioso"

"Ho speso la mia vita per rincorrere ideali, contro le mafie, dalla parte degli ultimi" ha detto l'ex sindaco di Riace commentando una "sentenza pesantissima, non so se per i delitti di mafia arrivano sentenze simili"

"Nemmeno a un mafioso". Così Mimmo Lucano, ex sindaco di Riace, commenta la condanna di 13 anni e due mesi di reclusione nel processo "Xenia", svoltosi al tribunale di Locri, sui presunti illeciti nella gestione dei migranti. "Oggi sono morto dentro. Non c'è più giustizia" ha aggiunto. "Questa è una vicenda inaudita. Sarò macchiato per sempre per colpe che non ho commesso. Mi aspettavo un'assoluzione".  

Una sentenza pesantissima - L'ex sindaco di Riace ha poi ringraziato i suoi legali per il lavoro svolto. "Io, tra l'altro, non avrei avuto modo di pagare altri legali, non avendo disponibilità economica" ha spiegato. Lucano, tra l'altro,  secondo la sentenza di primo grado, dovrà anche restituire 500mila euro riguardo i finanziamenti ricevuti dall'Unione europea e dal governo. "Ho speso la mia vita per rincorrere ideali, contro le mafie, dalla parte degli ultimi, dei rifugiati, ho immaginato di poter contribuire al riscatto della mia terra. È stata una esperienza indimenticabile e fantastica, ma oggi è finito tutto" ha sottolienato. "È una sentenza pesantissima, non so se per i delitti di mafia arrivano sentenze simili".

 

 

I capi d'accusa - Lucano era imputato per associazione a delinquere, abuso d'ufficio, truffa, concussione, peculato, turbativa d'asta, falsità ideologica e favoreggiamento dell'immigrazione clandestina. Nell'ottobre del 2018 Lucano fu anche posto agli arresti domiciliari dalle fiamme gialle con l'accusa di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina e dopo il periodo di detenzione fu applicato nei suoi confronti il divieto di dimora a Riace, poi revocato dal Tribunale di Locri nel settembre del 2019. 

 

 

 

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