Stava per diventare papà Umberto Catanzaro, 23 anni, deceduto dopo due mesi di agonia: i sicari volevano punire il minorenne che era con lui quella sera. Cinque persone indagate per omicidio in concorso
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E' morto dopo due mesi di ricovero per le gravi ferite riportate in un agguato. Umberto Catanzaro, 23 anni, stava per diventare padre. Il giovane, calciatore nella Nuova Napoli Nord, era stato colpito per errore il 15 settembre nei Quartieri Spagnoli. Alla guida di una Smart, era stato raggiunto dal proiettile esploso da un commando composto da almeno tre persone, il cui obiettivo era punire un minorenne, a bordo con lui, accusato di aver diffuso un video intimo girato con la figlia di un boss della zona. I sicari, incappucciati e vestiti di nero per eludere le telecamere della zona, avevano sparato due colpi: il primo era diretto al ragazzo, rimasto illeso, il secondo aveva raggiunto Catanzaro all’addome. Ricoverato al Pellegrini, il giovane ha quindi affrontato un lungo e complesso percorso di cure, e in alcuni momenti era sembrato che desse segni di ripresa. Lunedì però il suo cuore ha ceduto. Nel frattempo le indagini, coordinate dalla Dda e dalla Procura dei minori, hanno portato all’identificazione di cinque persone coinvolte nel caso, accusate ora di omicidio in concorso.
Secondo la ricostruzione degli inquirenti, l’agguato era stato messo in atto in via Conte di Mola, una stradina dei Quartieri Spagnoli: proprio lì era passata quella sera la Smart guidata da Catanzaro, con a bordo il ragazzo obiettivo del commando. Le immagini acquisite successivamente hanno permesso di ricostruire la sequenza del raid: i sicari avrebbero affiancato l’auto e sparato due colpi. Il minorenne che si trovava sul sedile del passeggero, a cui i killer puntavano, era rimasto illeso. Il secondo proiettile aveva colpito Catanzaro, che aveva fatto in tempo a raggiungere l’abitazione della fidanzata prima di perdere i sensi. Era stato il padre della giovane, vista la gravità della ferita, ad accompagnare il 23enne in ospedale.
Il movente dell’agguato, secondo la ricostruzione degli investigatori, sarebbe legato alla diffusione di un video hot registrato durante la relazione tra il minorenne e la figlia di un boss del rione. Il filmato sarebbe circolato in ambienti giovanili del quartiere, provocando l’ira del capoclan. Ecco dunque l'organizzazione della vendetta: il ragazzo sulla Smart, gli uomini che fanno fuoco, e Catanzaro che viene colpito per morire due mesi dopo. Le telecamere hanno ripreso la vittima designata pochi minuti prima dell’agguato e, successivamente, mentre raggiungeva un appartamentino nella zona di Montecalvario, luogo in cui avrebbe tentato un’immediata vendetta contro i killer.
Durante il ricovero, nei brevi momenti di lucidità, Catanzaro avrebbe riconosciuto alcune delle persone coinvolte nell’azione armata dal timbro della voce. Lo aveva raccontato alla madre durante una conversazione dal letto di ospedale intercettata dagli investigatori, indicando nomi già noti alle forze dell’ordine. La donna aveva confermato agli inquirenti quanto appreso dal figlio, riferendo che tra gli aggressori ci sarebbero stati i boss del rione Montecalvario e il figlio, oltre a un minorenne identificato dal motorino utilizzato quella sera. Tutte informazioni che hanno indirizzato l’indagine verso un gruppo già monitorato per precedenti legati alla gestione delle piazze di spaccio.
Poche ore dopo l’assalto, il minorenne scampato all'agguato avrebbe tentato un'immediata ritorsione sparando contro quello che, secondo gli investigatori, sarebbe il leader del commando. Il gesto non aveva provocato feriti, ma aveva confermato agli inquirenti una situazione di forte tensioni nella malavita locale, con la diffusione di quel video come epicentro. L’episodio ha aiutato gli investigatori a definire con maggior precisione la catena di responsabilità e il ruolo di ciascun indagato.
Le indagini coordinate dalla Dda di Napoli e dalla Procura dei minori hanno portato, in ottobre, all’esecuzione di quattro fermi e di un’ordinanza di custodia cautelare. Gli elementi principali dell'indagine sono le immagini delle telecamere della zona, le testimonianze raccolte e il materiale recuperato sui cellulari delle persone coinvolte. Una foto nel telefono di Catanzaro ha permesso di identificare il minorenne presente con lui quella sera, che indossava gli stessi abiti ripresi dalle telecamere nelle ore successive al raid. La sua presenza accanto alla vittima al momento dell’agguato ha ulteriormente confermato il movente. Con la morte del 23enne, le accuse per i cinque indagati passano da tentato omicidio a omicidio in concorso.
Catanzaro era un calciatore cresciuto nelle giovanili del Bari e della Paganese, approdato poi alla Nuova Napoli Nord. Alternava l’attività sportiva a un impiego in una società di delivery. La fidanzata, che quella sera non era con lui per via di un momentaneo allontanamento per un litigio, aveva sentito Umberto urlare quella sera, mentre apriva il portone di casa sua, prima che il padre di lei lo soccorresse per portarlo in ospedale. Nei mesi successivi al ricovero, la giovane aveva condiviso sui social messaggi di speranza per la sua ripresa. E poche ore prima della morte aveva scritto "uscirai da questo momento buio". Ma le cure e la vicinanza dei suoi cari non sono bastati. La salma è stata sequestrata su disposizione dell'autorità giudiziaria per essere sottoposta ad autopsia.