La storia

Vicenza, al via il processo per i genitori di un 14enne morto di tumore: accusati di aver ritardato le terapie | I due: "Ci siamo affidati al metodo Hamer, andate in ospedale"

Luigi Gianello e Martina Binotti sono accusati di omicidio con dolo eventuale

21 Ott 2025 - 09:07
 © ansa

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A Vicenza è il giorno del processo nei confronti di Luigi Gianello e Martina Binotti, accusati di omicidio con dolo eventuale. I due, genitori di Francesco Gianello, morto nel 2024, a soli 14 anni, a causa di un tumore, secondo il pubblico ministero Paolo Fietta, avrebbero ritardato diagnosi e terapie. La coppia si è affidata a lungo tempo a un dottore che seguiva il metodo di Hamer. Come si legge su Airc.it "questo metodo, mai stato sottoposto a una sperimentazione scientifica seriapresuppone che il tumore sia frutto di un conflitto psichico. Rinnega l’uso dei farmaci, provocando ai pazienti che lo seguono gravi ritardi nell’inizio delle terapie e trasformando così tumori curabili in forme incurabili". I genitori di Francesco hanno deciso di rompere il silenzio perché - si legge sul Corriere della Sera a cui hanno rilasciato un'intervista - "non si sono riconosciuti nel racconto di chi li ha dipinti come genitori mostruosi. E per invitare altri a non fare come loro, che si sono fidati di chi crede e diffonde il metodo Hamer".

La vicenda

 La vicenda ha inizio nel dicembre 2022 quando Francesco Gianello comincia ad avvertire forti dolori alla gamba. Dopo essersi sottoposto a una risonanza magnetica ed essere stato visitato all'Istituto Ortopedico Rizzoli di Bologna, per il giovane arriva la diagnosi, un tumore. Alla famiglia crolla il mondo addosso. "Come quando prendi uno schiaffo e non sai se riesci a stare in piedi", racconta la madre. I genitori vengono invitati a fare accertamenti, programmano biopsia e Pet. Poi, però, le disdicono. "Abbiamo sentito al telefono il dottor Matteo Penzo, ci ha detto che con la biopsia c’è il rischio che la malattia si possa espandere. Non dovevamo farla, insisteva", spiega il padre di Francesco. A quel punto, contro il parere dei medici, il 14enne viene dimesso.

I genitori si affidano a un seguace delle teorie di Hamer

 I genitori del 14enne si affidano al dott. Penzo: "Segue le teorie di Hamer, dice che la malattia ha un senso biologico. Basta individuare il conflitto che è all’origine. Per l’osteosarcoma al femore, va capito se Francesco sta vivendo una situazione che non riesce a sopportare. E noi pensiamo al fatto che era finito fuori squadra a calcio, allo scontro con un insegnante… a me che sono esigente, sulla scuola. Penzo attribuiva anche a me la colpa", dice ancora il padre. "Mi sono affidato a lui perché mi dava una forma di speranza. Se avessimo risolto il conflitto, Francesco sarebbe stato meglio, diceva. Secondo Hamer, quando spunta la malattia vuol dire che il conflitto è già in fase di guarigione. La chiamiamo malattia ma, dice, è un sintomo di guarigione".

Penzo era contrario alla chemioterapia

 Penzo è contrario anche alla chemioterapia ("Diceva che non serviva") e per curare il tumore consiglia "argilla e anti-infiammatori". A seguito di una nuova risonanza magnetica il dottore "ha detto che l'osso si stava ricostruendo, risolvendo". E consiglia "per un rinforzo psichico oltre che fisico" di rivolgersi a Pierre Pellizzari e la moglie Imma Quaranta, che sul loro sito del loro centro in Toscana sponsorizzano percorsi di auto-guarigione di Hamer. Lì "si stava all’aperto, al sole, alimentazione curata, massaggi, esercizi per la muscolatura, bagni rilassanti…", racconta ancora la madre di Francesco. Ma la situazione precipita.

La situazione precipita e Francesco viene ricoverato a Perugia

 La famiglia si reca al pronto soccorso di Perugia e si affida ai medici. Francesco inizia la chemioterapia e la radioterapia. "Non abbiamo mai agito con l'intenzione di fare un danno a nostro figlio", si difende il padre. Il dolore e le sofferenze patite, da noi e dal fratello Filippo, che per 10 mesi è stato privato di sua mamma, sono intrasmissibili. Non si può rendere l’idea di cosa succede quando ti trovi ad affrontare situazioni così. A Bologna non abbiamo avuto l’aiuto psicologico di cui avevamo bisogno". Dopo tre mesi trascorsi a Perugia, la famiglia torna a casa. Per Francesco, ormai, oltre alle cure palliative, non si può fare altro. Ripensando a quanto accaduto, i genitori del 14enne non hanno più dubbi e a genitori che potrebbero trovarsi nella loro situazione consiglierebbero solo una cosa: "Andate negli ospedali".

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