La Procura di Brescia ipotizza un vasto giro di fatture per operazioni inesistenti, riciclaggio e autoriciclaggio
La Polizia di Stato ha eseguito nelle province di Brescia, Milano, Bergamo, Lodi, Prato, Rieti e Vicenza, nove provvedimenti di fermo, emessi dalla Procura di Brescia. I destinatari, cittadini italiani, albanesi, cinesi e nigeriani, sono indagati per emissione di fatture per operazioni inesistenti, riciclaggio e autoriciclaggio. Un altro soggetto, destinatario dello stesso provvedimento, risulta al momento irreperibile. Le verifiche comprendono anche perquisizioni a carico di numerose società ritenute coinvolte nel sistema delle false fatturazioni e del riciclaggio.
Secondo quanto ricostruito dalla Squadra Mobile di Brescia, l'indagine ha origine nel marzo 2025 dopo una truffa milionaria ai danni dell'Opera di Santa Maria del Fiore, Onlus che cura la gestione della Cattedrale di Firenze, del Campanile di Giotto e del Battistero di San Giovanni. Gli accertamenti avrebbero portato alla scoperta di un circuito finanziario illegale che, in circa sei mesi, avrebbe generato movimenti per una somma stimata in 30 milioni di euro. Sono stati sequestrati oltre 500mila euro in contanti, cifra che si aggiunge ai 200mila euro sequestrati lo scorso settembre a una coppia di cittadini cinesi.
Sono state complessivamente 21 le perquisizioni nei confronti di altri indagati e nei confronti di società con sede a Brescia, Milano e Bergamo, coinvolte nel sistema delle false fatturazioni emerso dalle indagini della Squadra mobile di Brescia che ha portato al fermo di nove persone.
La base del gruppo era in un appartamento di Milano intestato a una donna cinese e ritenuto da chi indaga "un vero e proprio centro di stoccaggio del denaro contante". Il ruolo centrale sarebbe quello di due fratelli italiani, intermediari, capaci sia di individuare i clienti, sia di fornire proprie società cartiere intestate fittiziamente sia, da ultimo, di mettere in contatto gli imprenditori fruitori del servizio di fatture false con alcuni cittadini cinesi che vivono a Milano, Vicenza e Prato e che restituivano soldi in contanti.
Sono stati scoperti conti correnti in Italia e all'estero tra Cina, Lussemburgo, Polonia, Germania, Spagna, Lituania, Nigeria e Croazia. Il pagamento in contanti sarebbe stato gravato da una percentuale per il servizio svolto oscillante tra il 2% e il 7% a favore dei cittadini cinesi e di un'ulteriore percentuale, pari al 2%, a favore dei due intermediari italiani.
Secondo le indagini della Procura di Brescia, il gruppo accusato di riciclaggio, auto riciclaggio e fatture false avrebbe utilizzato uno schema ormai collaudato e avrebbe "operato per fornire la possibilità a imprenditori italiani e albanesi compiacenti di ottenere la restituzione di importanti somme di denaro contante a fronte dell'emissione di fatture per operazioni inesistenti prodotte da società cartiere".
Il denaro in contante veniva fornito principalmente da cittadini cinesi residenti a Milano, Vicenza e Prato. Sulla restituzione del denaro agli imprenditori che emettevano fatture false, c'era una quota tra il 2 il 7% a favore degli stessi cinesi che fornivano il contante.