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La Sapienza, studenti in sciopero della fame e incatenati dopo gli scontri all'università con le forze dell'ordine

I ragazzi dei collettivi che hanno organizzato il presidio nell'ateneo romano: "Chiediamo che faccia un passo indietro chi è complice di un genocidio". Tornano liberi i due giovani arrestati

Le ragazze e i ragazzi dei collettivi che da tre giorni sono in presidio con le tende all'interno dell'università La Sapienza sono incatenati e sono in sciopero della fame da oggi.

"Il nostro Paese non è ancora disposto ad adoperarsi per costruire le condizioni per la pace, ma non c'è più tempo - si legge in un appello scritto dagli studenti -. Siamo incatenati e in sciopero della fame davanti al ettorato della Sapienza perché è dal cuore della più grande università d'Europa che ottenere un passo indietro da chi è complice di un genocidio, può produrre un importante cambiamento".

La Sapienza, studenti in sciopero della fame e incatenati dopo gli scontri all'università con le forze dell'ordine - foto 1
Tgcom24

 

 

Mobilitazione anti-genocidio, rilasciati i due giovani arrestati

 Continua quindi la mobilitazione tra gli studenti per esprimere solidarietà con i palestinesi e per protestare contro gli attacchi israeliani sulla Striscia di Gaza, dopo gli scontri di martedì con la polizia. Proprio in seguito ai disordini due studenti sono stati arrestati e l'udienza è stata celebrata per direttissima. La 28enne arrestata è stata rilasciata dal giudice: nei suoi confronti l'accusa è di resistenza a pubblico ufficiale e lesioni e il processo sarà celebrato il 22 maggio. In aula ha respinto ogni addebito. I genitori: "Nostra figlia non ha precedenti ed è laureata con il massimo dei voti in Cooperazione internazionale. Martedì era all'università per accompagnare un amico di Padova, si è trovata di fronte le forze dell'ordine schierate ed è stata portata via dai poliziotti. Aveva un colloquio di lavoro".

 

Fotogallery - La Sapienza: studenti incatenati e in sciopero della fame, sit-in di solidarietà fuori dal tribunale

 

L'altro arrestato è un giovane 29enne di origini libiche, al quale viene contestato il danneggiamento pluriaggravato. In particolare nel corso degli scontri sarebbe salito sul tetto di una vettura di servizio della polizia. Anche per lui il giudice ha deciso nessuna misura cautelare disponendo l'immediato ritorno in libertà. Il papà del 29ennne: "Siamo in Italia da cinque anni, mio figlio studia Economia e non ha precedenti ed è anche affetto da gravi problemi di salute". Il processo si terrà il 23 maggio. Fuori dal tribunale di Roma alcune decine di studenti hanno organizzato un sit in di solidarietà per i due.

 

 

"Protestiamo per fermare l'escalation"

 Nel loro comunicato, scrivono gli studenti, "ci rivolgiamo a tutti coloro le cui coscienze sono scosse dalle terribili immagini del genocidio in corso a Gaza, dalla preoccupante condizione in cui versano tutti i territori palestinesi sotto attacco continuo, e dalla possibilità sempre più reale di una escalation generalizzata della guerra in Medioriente e non solo". Siamo arrivati - continuano i giovani nel loro documento - alla scelta di questa forma di protesta non violenta, dopo mesi di una mobilitazione eterogenea e diffusa che ha visto in diversi settori della società una presa di posizione netta contro le guerre, per un cessate il fuoco, per fermare l'escalation in corso che rischia di trascinare il mondo in una terza guerra mondiale a pezzi. A tutto questo però è corrisposto soltanto un preoccupante avvitamento antidemocratico che nei casi più estremi si è tradotto anche in manganelli e violenza repressiva su studenti e studentesse, tanti gli ultimi eventi noti".

 

"Dai vertici nessun segnale positivo, la Rettrice faccia un passo indietro"

 Gli studenti continuano: "Dai vertici dell'amministrazione però fino ad oggi non sono arrivati segnali positivi. Al contrario, la Rettrice Antonella Polimeni insiste nello squalificare le proteste degli studenti e nel silenziare le rivendicazioni del mondo accademico che pone la questione etica dell'utilizzo militare della ricerca scientifica. Un atteggiamento, quello della rettrice, che distrae dal fulcro della questione che si vorrebbe mettere sotto il tappeto: l'ateneo, anzi la sua governance e in primis la Rettrice stessa, hanno le mani sporche del sangue dei palestinesi". E chiedono che "la Rettrice debba fare un passo indietro urgentemente, perché di fronte al genocidio del popolo palestinese e al rischio di un conflitto generalizzato, questa è l'unica scelta giusta" e invitano "tutti gli studenti, docenti, ricercatori e chiunque sia a favore della pace a unirsi a noi nelle proteste di questi giorni". 

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