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Strage di Erba, Rosa e Olindo sulla revisione del processo: è brutto far uscire verità?

I due, in una lettera, rilanciano l'ipotesi della difesa di una questione di droga dietro al massacro del dicembre 2006

Rosa Bazzi e Olindo Romano, i due coniugi che stanno scontando la condanna all'ergastolo per la strage di Erba dell'11 dicembre 2006, in cui furono uccise 4 persone, tra cui il piccolo Youssef Marzouk di appena 2 anni, hanno scritto una lettera al Tg1 Rai per commentare la notizia del via libera alla revisione del processo.

"Sono 17 anni che non abbiamo diritto di parola - scrive Olindo Romano nella missiva, firmata con i nomi di entrambi - per la maggior parte dei giornalisti siamo dei mostri e basta. È troppo brutto far uscire la verità? Che può trattarsi di criminali che hanno fatto tutto questo per la droga?", si chiede la coppia per la quale "per convincere l'opinione pubblica, sono state diffuse bugie di ogni tipo".

 

Strage di Erba, Rosa e Olindo sulla revisione del processo: è brutto far uscire verità? - foto 1
Tgcom24

 

 

"Sono state diffuse bugie di ogni tipo, se la sono presa con due persone che non sapevano come difendersi che, all'inizio, hanno avuto un avvocato d'ufficio che, durante gli interrogatori, è stato quasi sempre zitto. La gente, fuori - continua la lettera indirizzata al Tg1 Rai - si domanda perché abbiamo confessato. Provate a mettervi al nostro posto, soli e spaventati, chiusi in cella per due giorni senza capire cosa stava succedendo".

 

 

 

"Fiducia nella giustizia"

  "Poi, all'improvviso, arrivano quei due carabinieri che, con la scusa di prendere di nuovo le impronte digitali, mi hanno fatto una testa così, dicendo che era meglio confessare perché avremmo avuto un forte sconto di pena, come succede ai pentiti di mafia". "Chiedo solo di riferire che noi, Olindo e Rosa siamo innocenti - conclude Romano - che continuiamo ad avere fiducia nella giustizia e che non passa giorno che non pensiamo a quelle povere vittime di una strage che è ancora senza colpevoli".

La strage di Erba, la ricostruzione dellʼaccusa

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