Le accuse sono di omicidio colposo, lesioni colpose e stradali e crollo colposo. Nell'incidente del 2023 morirono 22 persone e 14 rimasero ferite
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La Procura di Venezia ha chiuso l'inchiesta a carico di sette dirigenti del Comune per la strage del bus precipitato dal cavalcavia superiore di Marghera, a Mestre, nell'ottobre del 2023. Nell'avviso di conclusione delle indagini non compare, invece, l'amministratore delegato della società La Linea Massimo Fiorese, per il quale i pm potrebbero chiedere l'archiviazione. Per gli indagati le accuse sono, a vario titolo, di omicidio colposo, lesioni colpose e stradali e crollo colposo. Nell'incidente morirono 22 persone e 14 rimasero ferite.
La chiusura dell'inchiesta arriva dopo due anni di indagini e altrettante proroghe chieste dai pm Laura Cameli e Giorgio Gava. Gli indagati sono tre dirigenti del settore Viabilità del Comune di Venezia, tre responsabili del servizio manutenzione viabilità terraferma del Comune, e un progettista che si occupò di "plurimi appalti di manutenzione ordinaria, straordinaria" in merito alla viabilità della terraferma, commissionati tra il 2015 e il 2023. Per gli indagati si va verso una richiesta di rinvio a giudizio.
A perdere la vita la sera del 3 ottobre 2023, quando l'autobus precipitò dal cavalcavia superiore di Marghera per circa 15 metri, ruotando su se stesso e prendendo parzialmente fuoco, furono 21 turisti stranieri in vacanza e l'autista del pullman Alberto Rizzotto. L'iniziale ipotesi che l'uomo avesse perso il controllo del mezzo a causa di un malore fu poi esclusa con l'esito degli accertamenti disposti dalla procura.
"Negligenza, imprudenza e imperizia" per non aver "programmato, promosso, attivato costanti controlli sullo stato del nuovo cavalcavia di Marghera". È quanto osservano i pm di Venezia Cameli e Gava nell'avviso di conclusione delle indagini. I pm sottolineano che gli indagati, "in relazione ai rispettivi ruoli ricoperti", non avrebbero "monitorato adeguatamente il cavalcavia e disposto appropriati interventi, almeno di manutenzione". Data la "presenza di un varco nella barriera stradale" e "lo stato complessivo di deterioramento della stessa", avrebbero quindi contribuito "a mantenere una situazione di pericolo strutturale".
L'autobus, ricostruisce la procura, andò "a sbattere sul guardrail posto alla destra della carreggiata per un tratto di circa 50 metri" fino a quando, "trovando un varco di circa 2,40 metri" sul guardrail, "sviava verso destra rompendo il guardrail stesso". Questo, "a causa dell'interruzione della barriera e della mancanza di sistemi di contenimento", provocava così la caduta del mezzo dal cavalcavia.
I dirigenti del Comune di Venezia Simone Agrondi, Roberto Di Bussolo e Alberto Cesaro, indagati con altri quattro per la strage del bus, "rivendicano la correttezza del proprio operato e la propria totale estraneità ai fatti e agli addebiti". Lo affermano in una nota i loro difensori, gli avvocati Marco Vassallo, Paola Bosio, Giovanni Coli e Barbara De Bias. "Le difese, in attesa di ricevere ed esaminare gli atti del fascicolo dei pubblici ministeri, non nascondono, sin d'ora, la propria meraviglia", si legge.
"La Procura della Repubblica, all'esito di un'indagine durata oltre due anni, ha ritenuto di attribuire tutte le responsabilità dell'incidente unicamente" ad alcuni dipendenti comunali, "nonostante il varco fosse presente sin dagli anni Sessanta. Stupisce - aggiungono i legali - che la rottura dello sterzo di un autobus praticamente nuovo, fatto che ha innescato l'incidente, non sia stata considerata, nonostante i chiari esiti a cui sono giunti gli accertamenti dei consulenti dell'accusa".
I difensori sottolineano che "per certo il bus non è sbandato per cause naturali e non è normale che per oltre 3,5 secondi, dal primo urto contro il guardrail al quale ne sono seguiti numerosi altri, non ci siano frenate. Confidiamo - concludono - che le ragioni di tali scelte possano trovare una spiegazione negli atti; lo si deve agli indagati, alle vittime e alle loro famiglie e le difese si batteranno perché l'evento sia ricostruito nella sua compiutezza".