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Mafia, Messina Denaro riappare in un video del 2009 | Perquisizioni in Sicilia a caccia del superlatitante

Le immagini sono state riprese da una telecamera di sicurezza su una strada in provincia di Agrigento

Il volto del latitante più ricercato d'Italia riappare in un video. Il Tg2 ha trasmesso le immagini del numero uno di Cosa Nostra, Matteo Messina Denaro, riprese da una telecamera di sicurezza su una strada in provincia di Agrigento nel dicembre 2009: le uniche finite in mano agli investigatori dal 1993. Intanto la polizia ha eseguito decine di perquisizioni in Sicilia con l'obiettivo di individuare dove si nasconde il boss.

Le nuove indagini - Durante i controlli, disposti dalla Dda di Palermo, sono impegnati circa 150 agenti delle squadre mobili di Palermo, Trapani e Agrigento, supportati dagli uomini del Servizio centrale operativo e dei reparti prevenzione crimine di Sicilia e Calabria. Al centro delle nuove verifiche sono finiti mafiosi e favoreggiatori già finiti nella rete delle indagini, ma anche insospettabili su cui adesso si concentra l'attenzione della polizia.

 

Il video in cui "riappare" Messina Denaro è in possesso degli investigatori della Direzione centrale anticrimine della polizia. Nelle immagini, che durano pochi secondi, si vede un suv blu che percorre una strada sterrata in piena campagna. A bordo ci sono due persone: l'autista e, sul sedile del passeggero, un uomo stempiato e con gli occhiali. Secondo investigatori e inquirenti, quell'uomo potrebbe essere proprio il 58enne superlatitante, conosciuto anche come Diabolik. Le immagini, sostiene sempre il Tg2, sono state riprese da una telecamera di sicurezza a poche centinaia di metri dalla casa di Pietro Campo, boss della Valle dei Templi e fedelissimo del numero uno di Cosa Nostra. In quel periodo Campo era protetto dalle famiglie agrigentine e, forse, stava andando proprio ad un incontro con i capi mafia locali.

 

 

Il boss del mistero - Messina Denaro è il boss del mistero ricercato in tutto il mondo per associazione mafiosa, omicidio, strage, devastazione, detenzione e porto di materie esplodenti, furto. Imprendibile perché ha goduto di una fitta rete di protezione nel Trapanese anche grazie all'enorme disponibilità di soldi, un reticolo di connivenze composto soprattutto da suoi familiari più stretti e da quelli acquisiti che sono caduti via via come birilli travolti dalle inchieste giudiziarie. Ma di lui nessuna traccia. C'è chi dice sia a Dubai, o in Marocco, o che sia sempre rimasto in Sicilia, ma c'è anche chi sostiene che possa addirittura essere morto.

 

Il superlatitante comanda ancora? Secondo l'ultima relazione della Dia, Messina Denaro "costituisce ancora la figura criminale più carismatica della mafia trapanese". Capo mandamento di Castelvetrano, "nonostante la latitanza rimane il principale punto di riferimento per decidere le questioni di maggiore interesse  dell'organizzazione, per dirimere le controversie e per nominare i vertici delle articolazioni mafiose". Va tuttavia evidenziato, sottolinea la Dia, che "benché 'u siccu' continui a beneficiare della fedeltà di molti sodali, non mancano segnali d'insofferenza. Alcuni affiliati sarebbero infatti insoddisfatti di una gestione di comando troppo impegnata a curare la sempre più problematica latitanza del boss, anche in ragione della costante azione investigativa in larga parte volta a colpirne la rete di protezione".

 

 

Numerosi sono stati infatti gli arresti nei confronti dei fiancheggiatori, così come le confische - "dall'ammontare miliardario" - eseguite nel corso degli anni nei confronti di soggetti che gravitano nella cerchia delle relazioni di Messina Denaro. Lo stesso procuratore antimafia di Palermo, Francesco Lo Voi, ha di recente ricordato come "in provincia di Trapani le indagini coordinate dalla Dda tra il luglio 2019 e il giugno 2020 hanno registrato ancora il potere mafioso saldamente nelle mani della famiglia Messina Denaro, che vanta un elevato novero di suoi componenti che hanno ricoperto e ricoprono tutt'ora ruoli di assoluto rilievo all'interno dell'intera provincia mafiosa trapanese".

 

La "primula rossa" di Castelvetrano non è ufficialmente il capo di Cosa Nostra, ma è il padrino ormai simbolo dell'organizzazione mafiosa, negli anni Novanta era il pupillo di Salvatore Riina, il regista della stagione delle stragi.

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