Scandalo del sangue infetto, la corte Ue condanna lʼItalia a risarcire
Per la Corte europea dei diritti umani lo Stato deve pagare oltre 10 milioni di euro a 371 cittadini colpiti da vari virus dopo trasfusioni o interventi chirurgici

La Corte europea dei diritti umani ha condannato lo Stato italiano a risarcire più di 350 cittadini infettati da vari virus (Aids, epatite B e C) attraverso trasfusioni di sangue effettuate durante cicli di cure o operazioni. Il totale dei risarcimenti supera i 10 milioni di euro.
A ricorrere alla Corte di Strasburgo tra il 2012 e il 2013 sono stati più di 800 cittadini italiani nati tra il 1921 e il 1993 che nel corso degli anni sono stati infettati in seguito a trasfusioni. E che, tra il 1999 e il 2008, avevano già presentato ricorso contro il ministero della Salute per ottenere il risarcimento per i danni subiti.
Alla base della decisione di rivolgersi alla Corte di Strasburgo, la tesi secondo la quale lo Stato italiano avrebbe violato i loro diritti introducendo nel 2012 dei criteri che gli impediscono di essere risarciti. Inoltre, una parte dei ricorrenti sostiene che le procedure d'indennizzo sono durate troppo a lungo, in media oltre i sette anni (in due casi si è arrivati a superare addirittura i 14 anni). Altri ricorrenti hanno lamentano il fatto che non è stata data esecuzione a sentenze in loro favore.
La Corte di Strasburgo ha quindi accolto complessivamente 371 ricorsi. In sette casi i giudici hanno stabilito risarcimenti per danni materiali che variano tra i 73 mila e 350 mila euro avendo determinato che lo Stato italiano ha violato il loro diritto a un equo processo e al rispetto alla proprietà privata.
La Corte ha poi stabilito che per altri 364 casi lo Stato italiano ha violato il diritto alla vita dei ricorrenti a causa della durata dei procedimenti: per ciascuno di loro è stato quindi fissato un risarcimento per danni morali che varia tra i 20 e i 35 mila euro.
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