Torino, condannato a 15 anni il gestore di una rete di baby prostituzione
Lʼuomo adescava le giovani, tra cui alcune minorenni, utilizzando un profilo falso su Facebook. Dalle testimonianze in aula, alcuni clienti avrebbero anche mostrato comportamenti violenti
Le prime volte chiedeva loro di scattarsi delle foto in biancheria intima. Poi arrivavano gli incontri con i clienti e le prestazioni sessuali dietro pagamento. Le ragazze coinvolte erano giovanissime, alcune minorenni. Lui, Giuseppe Schiavone, le controllava da casa, interagendo con loro tramite un falso profilo Facebook. Il tribunale di Ivrea, dopo aver ricostruito una rete di baby prostituzione estesa in più regioni d'Italia, ha condannato l'uomo a 15 anni di reclusione.
Un alter ego per conquistare la loro fiducia - La sentenza nei confronti di Schiavone parla di induzione, favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione. Il modus operandi dell'uomo lo portava a catturare nella sua rete giovani che stavano affrontando problemi economici o familiari. "Ho bisogno di soldi, ho proprio fame", si legge nella trascrizione di una delle chat del profilo Facebook di Eleonoir Antonacci, l'alter ego usato da Schiavone per adescare le giovani. Pensando di avere davanti una donna, le ragazze si aprivano, raccontavano di sé, del momento difficile. A quel punto arrivavano le prime proposte, con la promessa di un ritorno economico.
Le parole delle vittime - "Tu fai anche la schiava? Perché ce ne sono tante di rischieste", scriveva Schiavone a una delle sue vittime. "Certe cose non le facico nemmeno con il mio ragazzo", provava ad obiettare una di loro. Dal racconto fornito agli inquirenti, alcuni clienti avevano mostrato anche comportamenti violenti. "Mi faceva schifo avere rapporti sessuali con degli sconosciuti", aveva affermato una delle giovani in tribunale, "ma non riuscivo ad uscire da quella situazione. Quest'uomo stava gestendo la mia vita".
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