Accusati di associazione finalizzata al terrorismo internazionale, erano finora sfuggiti al carcere. Nell'autunno 2015 erano arrivati nel capoluogo piemontese ufficialmente "per studiare"
© carabinieri
Tre tunisini indagati dalla procura di Torino per associazione terroristica, ritenuti collegati all'Isis, sono stati raggiunti da un'ordinanza di custodia cautelare in carcere. Il provvedimento è stato notificato dai carabinieri del Ros. L'operazione è scattata dopo una pronuncia della Cassazione, che ha confermato le misure cautelari (negate in prima istanza da un giudice) spiccate dal tribunale del Riesame torinese.
Nafaa Afli, Bilel Mejri e Marwen Ben Saad - di 27, 26 e 31 anni - sono accusati di aver sposato la causa dell'Isis e, in particolare, di avere aderito a una fazione nota come Ansar al-Sharia: idee sbandierate su Facebook, dove condividevano proclami, preghiere e materiale di propaganda nascondendosi dietro profili fittizi.
L'iniziale "no" all'arresto - Sotto la lente della procura di Torino e degli investigatori dell'Arma erano finiti sin dal 2016. Un gip del tribunale subalpino, nel giugno dell'anno successivo, aveva però detto "no" alla misura cautelare: gli indizi, a suo dire, portavano a concludere che, sebbene il gruppo tradisse una "forte pericolosità sociale", si poteva parlare al massimo di una "nebulosa e progressiva radicalizzazione" che non varcava ancora "la soglia penalmente rilevante". Il pm Andrea Padalino fece ricorso al tribunale del riesame e vinse la partita. Bisognava pero' attendere la conferma della Cassazione.
A Torino "per studiare" - I tre erano arrivati a Torino assieme ad altri connazionali nell'autunno del 2015 ufficialmente "per studiare": avevano richiesto un permesso di soggiorno per motivi di studio e si erano iscritti all'Università ottenendo anche una borsa di studio, ma presentando documenti falsi. Non hanno però mai frequentato le lezioni o sostenuto esami. Due membri del gruppo, Wael Labidi e Khaled Zeddini, un giorno salutarono e partirono per la Siria, dove trovarono la morte combattendo per conto dell'Isis. I compagni li celebrarono come "martiri" e, come vuole il Califfato, li omaggiarono portando del cibo in una moschea. Nelle carte dell'indagine spicca una considerazione del pm Padalino: anche cliccare "mi piace" sotto un post estremista su Facebook è un chiaro segnale di adesione.
I tre sono stati rintracciati in poche ore perché, dopo essersi trasferiti da Torino a Pisa, si sono infiltrati nel giro dello spaccio e sono stati messi ai domiciliari. Due dei loro compagni, Bilel Chihaoui e Bilel Tebini, anche loro colpiti dal mandato di cattura, nel frattempo hanno lasciato dall'Italia: Bilel Chihaoui espulso già nell'agosto del 2016 dopo avere postato su Facebook l'intenzione di trasformarsi in martire, Bilel Tedini di propria iniziativa.