La società armatrice versò 125mila euro per trasbordare 27 naufraghi sulla nave. La replica dell'Ong: "Nessun accordo economico, abbiamo solo salvato persone in mezzo al mare"
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Il Gup del Tribunale di Ragusa, Eleonora Schininnà, ha rinviato a giudizio tutti gli imputati del caso Mare Jonio. Devono rispondere del reato di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, aggravato dal trarne profitto. Oltre al comandante della nave, Pietro Marrone, vanno a processo Alessandra Metz, legale rappresentante della società armatrice Idra Social Shipping, Giuseppe Caccia, vicepresidente Cda della Idra e capo spedizione, Luca Casarini, fondatore di Mediterranea Saving Humans, e tre componenti dell'equipaggio, il medico Agnese Colpani, il soccorritore Fabrizio Gatti e il tecnico a bordo, Geogios Apostolopoulos.
L'indagine scattò nel settembre del 2020 in seguito al trasbordo di 27 naufraghi dalla nave cargo danese Etienne Maersk alla nave umanitaria Mare Jonio, che li fece poi sbarcare a Pozzallo (Ragusa). Due mesi dopo la società armatrice della Maersk versò 125mila euro all'armatrice della Mare Jonio, ossia la Idra Social Shipping. Di qui l'aggravante di avere tratto profitto dal favoreggiamento dell'immigrazione clandestina.
La prima udienza del processo si terrà il 21 ottobre davanti al tribunale di Ragusa. Immediata la reazione di Luca Casarini, che prova a ribaltare le accuse. "Non ci faremo spaventare da nessuno. Sappiamo benissimo cosa abbiamo fatto: abbiamo aiutato 27 persone, lasciate in mezzo al mare per 38 giorni. Questo processo diventerà l'occasione per chiedere conto a ministri, governi e autorità, sul perché queste persone sono state abbandonate. Diventerà un processo all'omissione di soccorso".
Una linea ribadita anche da uno difensori dell'Ong, l'avvocato Serena Romano. "Sentiremo in aula anche i vertici della Maersk che ci diranno che non c'è stato alcun accordo economico con la Mare Jonio, poi porteremo in aula anche i naufraghi per raccogliere la loro. Questo è un processo ai soccorsi".