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"Martina Rossi precipitò nel disperato tentativo di sottrarsi allo stupro": le motivazioni della condanna dei due imputati

Alessandro Albertoni e Luca Vanneschi sono stati riconosciuti colpevoli di tentata violenza sessuale nel processo di appello bis che si è svolto a Firenze: condanna a tre anni. Escluso il suicidio

Martina Rossi non si è suicidata. E' morta, precipitando da un'altezza di 21 metri, nel disperato "tentativo di fuggire a uno stupro" la mattina del 3 agosto 2011 quando si trovava nella stanza 609 dell'albergo Santa Ana di Palma di Maiorca. È quanto si legge nelle motivazioni della sentenza di condanna a 3 anni per Alessandro Albertoni e Luca Vanneschi, riconosciuti colpevoli di tentata violenza sessuale nel processo di appello bis che si è svolto a Firenze. "Il quadro lesivo all'occhio sinistro, alle labbra, alla spalla sinistra non è compatibile" con la caduta di Martina ma è "sicuramente compatibile con una colluttazione avvenuta tra Martina a Alessandro Albertoni all'interno della camera 609 (o con entrambi gli imputati)" si legge ancora nelle motivazioni della sentenza di colpevolezza dei due giovani.

La vicenda è quella del 3 agosto 2011 quando, di ritorno da una serata in discoteca, la studentessa genovese di 20 anni Martina Rossi perse la vita cadendo dal sesto piano dell'hotel Santa Ana a Palma di Maiorca, dove si trovava in vacanza con delle amiche. La tesi dell'accusa avvalorata dalla sentenza è che la notte tra il 2 e il 3 agosto Martina salì in camera dei due giovani e all'alba precipitò dal balcone della stanza 609, quella dei due giovani, per sfuggire a un tentativo di stupro. Martina, si legge ancora nelle motivazioni, non riusci' a "guadagnare la porta d'ingresso perché pressata da entrambi gli imputati".

 

Le toghe hanno anche definitivamente escluso che la studentessa genovese avesse la minima intenzione di togliersi la vita. Il quadro delle condizioni psicologiche è quello di una ragazza "che molti testi nel corso del processo hanno definito solare, soddisfatta del proprio percorso universitario, ricca di progetti per il proprio futuro da condividere con le sue amiche di sempre". "Il quadro che ne esce - si legge ancora - è quello di una ragazza poco più che ventenne, ancora nel pieno delle progettualità della vita sociale e affettiva; una ragazza normale alla quale nell’ultimo periodo della propria vita erano accadute soltanto cose positive che la motivavano nel suo percorso di vita. Un quadro incompatibile con le condizioni di una ragazza che, secondo la ricostruzione degli imputati, avrebbe deciso senza alcun motivo apparente di mettere fine alla propria vita".

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