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Roma, un uomo senza identità vive dal 2018 al Policlinico Casilino e non può lasciare la struttura

Si dovrebbe chiamare Igor Kozlov, ma di lui non cʼè nessuna traccia. Non parla e non ha memoria e unʼetà tra i 50 e 60 anni

E' stato portato dalla polizia in preda a una crisi epilettica al Pronto soccorso del Policlinico Casilino di Roma un giorno di agosto del 2018 e da allora non se n'è più andato.

Si tratta di un uomo tra i 50 e i 60 anni che non ha identità, non è in grado di parlare in maniera comprensibile ed è senza memoria. Il personale medico dell'ospedale ha tentato invano di far girare il nome che gli agenti avevano dato, Igor Zoklov, ma di lui non c'è nessuna traccia (probabilmente si tratta di un nome falso). La storia è stata riportata dal Corriere della Sera, in cui viene spiegato che dall'ospedale non è trasferibile.

E non esiste nessuna organizzazione umanitaria che si possa fare carico di una situazione del genere. Dal nosocomio hanno tentato di contattare l'ambasciata russa e alcuni mediatori, ma senza alcun esito positivo.

 

Igor occupa uno spazio del pronto soccorso, ricoverato fisso accanto ai malati. "Ci fa tenerezza perché non è niente e nessuno. È un pulcino abbandonato", ha affermato al quotidiano nazionale il direttore del Dipartimento, Adolfo Pagnanelli, che a maggio lo ha accompagnato in tribunale per testimoniare davanti al giudice civile e richiedere l’assegnazione di un amministratore di sostegno.

 

Di lui aveva parlato anche il programma "Chi l'ha visto?", diffondendo la sua foto. Anche alcuni programmi televisivi dell'Est come in Ucraina e Moldavia. Ma niente.

 

Come scrive il Corriere della Sera, "il vitto e alloggio riconosciuto a Igor hanno un costo in quanto per sorvegliarlo è stato necessario prevedere in servizio del personale in più. C'è un buco normativo che ostacola qualsiasi soluzione. Una Pec inviata all’ufficio immigrazione è rimasta senza risposta. Di tanto in tanto arrivano come rinforzo i volontari di Sant’Egidio". "Non sappiamo come uscirne", ha sottolineato Francesca Barbacci, l’assistente sociale che ha seguito l’intera vicenda.

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