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Mafia capitale, prime quattro "mini" condanne: l'accusa dei pm regge

Erano accusati anche di corruzione, avevano tutti chiesto il ritro abbreviato. Giovedì inizia il processo con Carminati e i nomi grossi

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Prime sentenze nell'inchiesta Mafia Capitale.

Ad essere condannati, col rito abbreviato, Emilio Gammuto, 5 anni e 4 mesi, e Raffaele Bracci, Fabio Gaudenzi ed Emanuela Salvatori, tutti a 4 anni. Gammuto e Salvatori erano accusati di corruzione mentre Bracci e Gaudenzi di usura.

Quattro condanne con rito abbreviato e il riconoscimento per uno degli imputati dell'aggravante mafiosa rappresentano un primo tassello importante per l'impianto accusatorio messo su dai pm a due giorni dall'avvio del maxiprocesso per Massimo Carminati e soci.

Il gup Anna Criscuolo ha condannato Emilio Gammuto, collaboratore di Salvatore Buzzi, a 5 anni e 4 mesi, Raffaele Bracci, Fabio Gaudenzi, ritenuti vicini a Carminati, a 4 anni. Stessa condanna per Emanuela Salvatori, ex funzionaria del Comune e responsabile dell'attuazione del Piano Nomadi di Castel Romano. Le accuse, a seconda delle posizioni, andavano dalla corruzione all'usura. Nei confronti del solo Gammuto il giudice per le udienze preliminari ha riconosciuto l'aggravante del metodo mafioso.

Il giudice ha inoltre disposto una provvisionale di 20mila euro in favore del Comune di Roma nei confronti della Salvatori e ha condannato Gammuto a risarcire in separata sede le parti civili Comune di Roma, Regione Lazio, associazione Libera, Sos Impresa, Cittadinanzattiva e associazione Antimafia Caponnetto.

Parenti assunti come "mazzetta"

- Secondo l'impianto accusatorio la Salvatori avrebbe ottenuto da Buzzi la promessa dell'assunzione di una figlia, "presso uno dei soggetti economici a lui riconducibili" nella gestione del campo nomadi di Castel Romano, fornendo in cambio "informazioni sullo stato delle pratiche amministrative in corso". Dal canto suo Gammuto avrebbe corrotto, assieme ad altri sodali di Buzzi e Carminati, un funzionario del Comune di Roma, responsabile all'epoca del servizio Programmazione e Gestione Verde Pubblico.

Facevano anche gli strozzini

- Per quanto riguarda l'accusa di usura, l'episodio risale all'aprile del 2014. Bracci e Gaudenzi, secondo il capo di imputazione, "si facevano promettere dall'imprenditore Filippo Maria Macchi, a fronte della garanzia rappresentata da due orologi di valore, interessi pari a 3mila euro, su un finanziamento 'a fermo' di 30 mila, da corrispondere mensilmente, con un tasso quindi del 120% annuo".

Giovedì inizia il processo "vero"

- Sul fronte delle indagini gli inquirenti continuano ad analizzare la relazione di oltre 800 pagine arrivata nei giorni scorsi a piazzale Clodio dalla Commissione d'acesso a Roma Capitale. Il provvedimento, nella parte che riguarda una lista di 101 nomi tra dipendenti comunali, amministratori pubblici, soggetti appartenenti o collusi a Mafia Capitale ed altre persone, citati, a vario titolo, negli atti pubblici dell'inchiesta ancora secretata, verrà depositata nella prima udienza di giovedì. Non è escluso che tra i vari nomi citati nel documento alcuni possano finire nel registro degli indagati dando, quindi, un nuovo impulso alla maxinchiesta che ha terremotato i palazzi della politica capitolina.

Odevaine ottiene gli arresti domiciliari

- E a poche ore dal processo Luca Odevaine, ex membro del tavolo nazionale sui migranti, va agli arresti domiciliari. Odevaine, accusato di corruzione, era detenuto nel carcere di Terni. La decisione è stata presa dal presidente della X Sezione Penale,Rosanna Ianniello,dopo il parere favorevole dei pm.