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Inchiesta mascherine irregolari, Arcuri indagato per peculato e abuso di ufficio

Al centro del fascicolo della Procura di Roma l'acquisto con denaro pubblico di un ingente numero di dispositivi non idonei. La Gdf ne ha sequestrati 800 milioni. Nel mirino dei pm anche il giornalista Benotti

Un giro milionario di mascherine irregolari, acquistate dalla struttura commissariale all'inizio dell'emergenza. E' il cuore dell'inchiesta della Procura di Roma che vede coinvolto anche Domenico Arcuri, indagato per peculato e abuso di ufficio. Dalle semplici "chirurgiche" alle Ffp2 e Ffp3 o Kn95, milioni di dispositivi fuori norma sarebbero stati comprati con fondi pubblici per rifornire ospedali e strutture impegnate nella lotta al Covid. 

Gli indagati

Al centro dell'inchiesta il giornalista Mario Benotti, che avrebbe sfruttato la sua amicizia con Arcuri per influenzare gli acquisti di mascherine, e gli imprenditori Andrea Vincenzo Tommasi e Edisson Jorge San Andres Solis, mentre l'ex commissario risponde di peculato e abuso d'ufficio.

 

Arcuri sentito dai pm

Sabato Arcuri è stato sentito dai magistrati, come fa sapere una nota di Invitalia: "E' stato così possibile un confronto e un chiarimento che si auspicava da molto tempo con l'Autorità giudiziaria - si legge nel comunicato -, rispetto alla quale sin dall'origine dell'indagine il dott. Arcuri ha sempre avuto un atteggiamento collaborativo, al fine di far definitivamente luce su quanto accaduto".

 

Gestione Arcuri, dalle siringhe alle mascherine: i provvedimenti contestati

Il sequestro

Intanto la Gdf, su disposizione di piazzale Clodio, ha sequestrato oltre 800 milioni di mascherine ritenute "non conformi", gran parte delle quali, scrivono i magistrati, "non soddisfano i requisiti di efficacia protettiva richiesti dalle norme" vigenti. Dagli esami eseguiti dall'Agenzia delle dogane e da consulenti degli inquirenti, "addirittura alcune forniture sono state giudicate pericolose per la salute". I dispositivi non hanno passato i principali test di sicurezza, dunque, secondo i magistrati, "appare necessario procedere al sequestro probatorio di tutte le mascherine chirurgiche e di tutti i dispostivi di protezione attualmente giacenti. Sia di quelli appartenenti a partite giudicate inidonee, sia quelli appartenenti a partite non esaminate - potenzialmente inidonee o pericolose - non essendo stato possibile, in base alla informazioni ottenute dalla Struttura Commissariale, distinguerli da quelli di partite esaminate con esito regolare al fine di garantire la possibilità della perizia, evidentemente necessaria per la prova di responsabilita' penale e per l'accertamento di idoneità".

 

Appalto affidato a 3 consorzi cinesi per 1,25 miliardi di euro Le indagini riguardano gli affidamenti, per un valore complessivo di 1,25 miliardi di euro, effettuati dall'allora commissario straordinario a favore di tre consorzi cinesi per l'acquisito di mascherine effettuato con l'intermediazione di alcune imprese italiane, che, a fronte di tale attività, avrebbero percepito commissioni per decine di milioni di euro dai consorzi cinesi risultati affidatari dei contratti.

 

Parola "emergenza" usata in maniera non coerente per giustificare il rischio "La parola 'emergenza', nella vicenda oggetto di indagine, è stata spesa molto, ma anche in modo non coerente - sostengono i magistrati -. Così, l'emergenza ha giustificato pagamenti di dispositivi di protezione, della qualità dei quali nulla ancora si sapeva, col rischio di acquistarne di inutili".

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