cronaca

Inchiesta talpe Dda, la vicenda

Il segreto delle microspie rivelato

18 Gen 2008 - 18:41

Nel processo sulle talpe nell'antimafia di Palermo il nome più altisonante, al grande pubblico, è certamente quello di Totò Cuffaro. Ma sono l'imprenditore Michele Aiello e i marescialli dei carabinieri Giorgio Riolo e Antonio Borzacchelli, e della Dia, Giuseppe Ciuro i personaggi chiave.

Quest'ultimo è stato giudicato con il rito abbreviato e condannato, sia in primo che in secondo grado, a quattro anni e otto mesi. Borzacchelli viene invece giudicato a parte, davanti alla seconda sezione del Tribunale, con l'accusa di concussione, tentata e consumata, nei confronti dello stesso Aiello, e delle due fughe di notizie attribuite a Cuffaro. Per lui i pm Nino Di Matteo e Maurizio De Lucia avevano chiesto tredici anni.

Proprio l'imprenditore di Bagheria, titolare di due cliniche, la Villa Santa Teresa e l'Atm, che nel novembre 2003 erano già aperte da anni, e del Centro San Gaetano di Medicina nucleare (aperto successivamente all'arresto e oggi anch'esso sotto sequestro), è il personaggio più importante dell'intera vicenda. Il pentito Nino Giuffrè, che comincia a collaborare nel giugno 2002, lo indica come prestanome di Bernardo Provenzano e consentirà ai carabinieri e agli inquirenti di rileggere con più attenzione 'pizzini' e altri elementi che erano emersi su di lui negli anni, a cominciare dagli appunti trovati in tasca a Totò Riina al momento dell'arresto e dai bigliettini con le raccomandazioni di Provenzano per alcuni lavori da svolgere in provincia di Enna.

Con loro, il boss Guttadauro discute di politica, di candidature, di affari relativi a un centro commerciale da realizzare su un terreno della moglie, di concorsi per medici e per posti di primario, ma pure di carcere duro e di ergastolo, che il capomafia vorrebbe aboliti. E si parla pure, ripetutamente, di Salvatore Cuffaro, all'epoca in procinto di candidarsi come presidente della Regione e con cui Guttadauro vorrebbe  un'interlocuzione, un contatto. Miceli invece aspira, pure lui, a una poltrona all'Assemblea regionale, e assieme ad Aragona accetta, secondo l'accusa, di fare da intermediario tra il candidato governatore e il boss.

Le microspie distrutte
Gli ascolti a casa Guttadauro cessano improvvisamente il 15 giugno 2001: tre giorni prima, Aragona è andato a casa del capomafia da solo, mettendolo in allarme su intercettazioni telefoniche che sarebbero state fatte tra lo stesso Guttadauro e Miceli.

"A lui - specifica Aragona - glielo ha detto Totò". Che altri non sarebbe, per gli inquirenti, che Totò Cuffaro. Poiche' non è affatto convinto che si tratti di intercettazioni telefoniche, il padrone di casa impiega tre giorni per individuare la microspia collocata nell'abat-jour del salotto e la distrugge. Miceli, nelle elezioni che si tengono pochi giorni dopo, il 24 giugno, all'Ars non verrà eletto. Ce la farà invece un outsider: un carabiniere col pallino della politica, il maresciallo Antonio Borzacchelli, candidato nel Biancofiore, una lista satellite del Cdu di Cuffaro e che pare presentata apposta per fare eleggere giusto lui.  In gran segreto, intanto, il Ros e la Procura cercano di capire l'origine della fuga di notizie: ci sono sospetti, su Miceli, su "Totò", ma non prove. Due anni dopo, il 26 giugno 2003, sulla base delle intercettazioni e degli sviluppi delle indagini, vengono arrestati per mafia Miceli, Aragona e Vincenzo Greco, cognato di Guttadauro. Cuffaro è raggiunto da un avviso di garanzia per concorso esterno in associazione mafiosa. Non si capisce però ancora chi e come ha favorito la scoperta della microspia.

Gli arresti
Il 5 novembre 2003 scoppia lo scandalo delle talpe in Procura. Vengono arrestati l'imprenditore Michele Aiello, titolare di importanti cliniche a Bagheria, la Diagnostica Villa Santa Teresa e l'Atm (Alte tecnologie medicali), e due marescialli, uno della Dia, Giuseppe Ciuro, l'altro del Ros, Giorgio Riolo, proprio l'uomo che aveva piazzato la microspia a casa Guttadauro. Sarà lui, dopo una serie di interrogatori, ad ammettere di avere rivelato ad Antonio Borzacchelli la presenza della 'cimice' nell'abat-jour, e a consentire alla Procura di scoprire il presunto passaggio a catena della notizia segreta: da Riolo a Borzacchelli, da questi a Cuffaro e dal candidato presidente a Miceli, che a sua volta lo avrebbe detto ad Aragona, poi andato da Guttadauro.

Non è la sola fuga di notizie dell'inchiesta Talpe ad essere attribuita a Cuffaro: l'indagine, che in sè rivela come la Dda sia una sorta di colabrodo, consente anche di scoprire che il presidente avrebbe informato Aiello, tra il 20 e il 31 ottobre 2003, che i suoi informatori, Ciuro e Riolo, erano stati scoperti. Cuffaro, con modalità ritenute quanto mai sospette dagli inquirenti (telefonate criptiche, convocazioni alla presidenza della Regione di un collaboratore di Aiello, Roberto Rotondo, una "fuga" per evitare di uscire con la scorta), fissa un appuntamento e incontra l'imprenditore in un negozio di abbigliamenti Bertini di Bagheria, a pochi chilometri da Palermo. La fonte della notizia stavolta non sarebbe Borzacchelli, ma una misteriosa 'talpa' romana, mai individuata.

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