Nello studio di Myrta Merlino, l'ex calciatore ripercorre le violenze a cui ha assistito in giovane età
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"Dall'età di 14 anni non chiamo più "mamma" perché mio padre me l'ha portata via. Lui era malato di gelosia, ma la donna non è dell'uomo". Con queste parole l'ex calciatore Andrea Carnevale ricostruisce a "Pomeriggio Cinque" il dramma che lo ha colpito in giovane età, quando suo padre Gaetano ha ucciso la moglie Filomena al culmine di ripetute violenze.
"Sono molto orgoglioso di raccontare questa storia in televisione, dopo 50 anni penso che sia l'ora di raccontare e far capire soprattutto agli uomini che oggi ammazzano le proprie mogli che non bisogna più farlo, è ora di smetterla", esordisce l'ex centravanti laureatosi campione d'Italia con il Napoli guidato da Diego Armando Maradona.
Quindi, Carnevale torna sulla morte della madre: "Avevo 14 anni, io ero vicino al fiume mentre mia sorella Romana era lì con mia madre a lavare i panni. Mio padre si è svegliato, è andato giù al fiume e praticamente l'ha ammazzata con un'accetta. Un grande dolore".
"Lei non voleva che i suoi figli andassero dai carabinieri perché una volta nei paesi c'era un po' di vergogna - ha proseguito Andrea Carnevale nello studio di Myrta Merlino -. Ero specialmente io ad andare dai carabinieri, ci sono andato tante volte. Non ho niente contro l'arma, provo grande ammirazione, ma il maresciallo purtroppo mi disse che fin quando non vedevano il sangue non avrebbero potuto fare niente".
Ricostruendo i momenti della tragedia, racconta: "Ho sentito le grida, mia madre l'ho vista già morta stesa nel fiume mentre mia sorella scappava e mi diceva di fare lo stesso". Consiglio che Andrea, all'epoca 14enne, non ha ascoltato: "Io ho fatto un gesto estremo e per questo chiedo scusa ai telespettatori. Sono andato nel fiume, ho preso un recipiente e ho preso il sangue che scorreva per metterlo in un vasetto. Poi sono andato in paese dai carabinieri e ho detto "Volevate il sangue, eccolo qua". Ed è finita lì".
Ma non è tutto, perché il racconto di Carnevale si focalizza anche sulla storia del padre, che dopo essersi costituito è rimasto nel manicomio criminale di Aversa per cinque anni. "Andai a trovarlo in carcere, ma appena lo vidi mi disse le stesse cose che diceva a mia madre cinque anni prima e il colloquio durò trenta secondi perché mio fratello avrebbe voluto mettergli le mani addosso".
Al rientro a casa, però, è lo stesso Andrea a subire un'aggressione fisica, pochi istanti prima che il padre decidesse di togliersi la vita.
A "Pomeriggio Cinque", Andrea rivolge anche un pensiero speciale alle sorelle, in particolare a Giuseppina: "Oggi non c'è più ma mi ha fatto da mamma. È la grande fortuna della famiglia, perché era l'unica maggiorenne in casa, altrimenti i servizi sociali ci avrebbero portato via tutti".