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Orsa Amarena, ecco cosa rischia l'uomo che l'ha uccisa

Nel settembre 2014, a Pettorano sul Gizio (L'Aquila), si era verificato un caso analogo

Orsa Amarena, ecco cosa rischia l'uomo che l'ha uccisa - foto 1
Ansa

Per l'uccisione dell'orsa Amarena, la Procura di Avezzano ha aperto un fascicolo nei confronti di un 56enne che ha riferito di aver sparato "per paura" e perché l'animale "aveva ucciso le sue galline".

Cosa rischia l'uomo? Secondo quanto riporta Il Messaggero, è possibile che il tutto si possa risolvere con qualche migliaio di euro. Vediamo perché.

 

Gli scenari giuridici ipotizzabili - Oltre all'articolo 544 bis - "Chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona la morte di un animale è punito con la reclusione da quattro mesi a due anni", il cui massimo della pena, però, è raro che venga applicato perché la maggioranza dei rinviati a giudizio è incensurata -, un altro scenario giuridico ipotizzabile è, come ha detto Dante Caserta, responsabile legale e vicepresidente di Wwf Italia, citato dal Messaggero, applicare l'articolo 30 della legge 157 di tutela della fauna, che regolamenta la caccia: "Arresto da tre mesi ad un anno e l'ammenda da lire 2.000.000 a lire 12.000.000 per chi abbatte, cattura o detiene esemplari di orso, stambecco, camoscio d'Abruzzo, muflone sardo". In questo caso, il condannato può chiedere di applicare l'oblazione e quindi pagare la metà del massimo della pena per estinguere il reato.  

 

Il precedente - Il Messaggero cita un caso analogo del settembre 2014, quando a Pettorano sul Gizio (L'Aquila), un 67enne aveva ucciso un orso che aveva attaccato il suo pollaio. Anche quest'ultimo aveva detto di aver avuto paura. L'uomo era stato assolto in primo grado, mentre in Appello era stato ritenuto responsabile "ai fini civili dei reati a lui ascritti e condannato al risarcimento dei danni a favore della Lav-Lega Anti vivisezione, Organizzazione regionale Pro Natura Abruzzo, Wwf, associazione Salviamo l’Orso e Pnalm, da liquidarsi, in separata sede, concedendo una provvisionale pari a 3mila euro a Pro Natura e Pnalm". Sentenza poi confermata dalla Cassazione. L'uomo aveva dovuto anche pagare le spese processuali di primo e secondo grado. 

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