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DʼAlema indagato: una storia con molte ombre

Soldi, armi, tangenti, perquisizioni, criminali e imprenditori. Cʼè tutto questo e molto altro ancora nellʼinchiesta della Procura di Napoli sulla mancata vendita alla Colombia di caccia, navi e sommergibili da parte di aziende italiane partecipate. Una presunta commessa da 4 miliardi, compensi per 80 milioni. 8 indagati tra cui lʼex premier Massimo DʼAlema, per corruzione internazionale, e lʼex amministratore delegato di Leonardo, Alessandro Profumo.

Una storia con ancora molte ombre, sulla quale da 15 mesi stanno lavorando i magistrati napoletani che hanno chiesto e ottenuto altri sei mesi di indagini. Al centro dell'inchiesta una maxi tangente da 40 milioni di euro, che sarebbe stata offerta dalla parte italiana a quella colombiana se l'affare fosse andato in porto. "Una somma da corrispondere in modo occulto" scrivono i magistrati. L'accordo però saltò, spiegano gli inquirenti "in seguito alla mancata intesa sulla ulteriore distribuzone della somma tra le parti".
 
Tra i documenti agli atti dell'inchiesta, anche la registrazione di una conversazione tra Massimo D'Alema e un colombiano identificato in Edgar Fierro Flores, un ex-paramilitare, condannato e poi graziato: "Un premio di 80 milioni di euro, questa è la posta in gioco - diceva l'ex premier - divideremo tutto". E ancora in una chat tra D'alema e altri due indagati, due pugliesi che secondo gli inquirenti avrebbero operato come presunti intermediari di Bogotà, l'ex presidente del consiglio avrebbe scritto: "Basta con inutili litigi. Ci possono essere risultati molto importanti". Si rivolgeva a Francesco Amato, imprenditore leccese che - sentito dal quotidiano La Verità - avrebbe detto: "Non ero io ad occuparmene, ma era scontato che si dovessero pagare tangenti"
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