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Migranti, 51 profughi trovati morti su un barcone al largo della Libia

Le vittime sarebbero state stroncate dalle esalazioni dei motori del barcone. Tremila in tutto i migranti salvati nella giornata di mercoledì

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Cinquantuno cadaveri sono stati individuati nella stiva di un barcone diretto verso l'Italia e soccorso al largo della Libia da un'unità svedese. Sul barcone viaggiavano altri 400 migranti che sono stati tratti in salvo. I profughi morti sarebbero stati stroncati dalle esalazioni dei motori del barcone. Tremila in tutto le persone salvate dai soccorritori durante la giornata nel Canale di Sicilia.

Le vittime sono rimaste uccise dalla mancanza d'aria, per la lucida follia di trafficanti di uomini che li stipano in luoghi chiusi dove non si può respirare o al massimo inalare monossido di carbonio emesso dai motori del natante. E chi si ribella rischia di essere picchiato selvaggiamente o buttato in mare. O che non superano la durezza della traversata come accaduto, probabilmente, alle tre donne (di cui una incinta) i cui corpi erano su un gommone soccorso dalla guardia costiera che ha portato in salvo 120 persone.

La prima tragica scoperta è stata fatta dall'equipaggio dell'unità svedese Poseidon, inquadrata nel dispositivo Frontex: a bordo aveva appena fatto salire i migranti che erano su un gommone, quando è stata dirottata dal Centro nazionale soccorsi della guardia costiera italiana in aiuto di un barcone. Ha salvato 439 extracomunitari, ma alcuni marinai, saliti a bordo dell'imbarcazione su indicazione dei migranti, hanno aperto la stiva ed hanno scoperto 51 cadaveri.

Rimasti senza ossigeno come i 49 migranti vittime della strage di ferragosto. "Quelli bloccati nella stiva non potevano salire sul ponte esterno" e per costringerli l'equipaggio "faceva ricorso alla violenza, con calci, pugni e colpi di cinghia" anche se "solo provavano a uscire la testa dai boccaporti": così una decina dei 312 sopravvissuti hanno ricostruito, davanti al gip di Catania, quel tragico viaggio sul peschereccio soccorso dalla nave Cigala Fulgosi della marina militare italiana.

Superstiti e salme sono giunti il 17 agosto nel porto etneo a bordo della nave norvegese Siem Pilot. I testimoni, sentiti nell'ambito di un incidente probatorio richiesto dalla Dda della Procura, hanno anche riconosciuto gli otto presunti scafisti del barcone che erano stati fermati dopo indagini della polizia di Stato, della squadra mobile della questura e del Gico della guardia di finanza. L'inchiesta ha collegato il decesso dei 49 uomini con l'assenza di aria all'interno dell'angusta stiva le cui dimensioni erano di circa 6 metri per 4, e alta 1,20 metri.

Stessa fine stavano per fare circa 200 dei 350 migranti sbarcati a Pozzallo che hanno ricostruito alla polizia di Ragusa i momenti di tensione su un barcone soccorso nel Canale di Sicilia. "Ci hanno chiusi nella stiva - hanno detto - e quando abbiamo capito che potevamo morire soffocati abbiamo sfondato la botola per potere prendere aria e respirare...". La loro rabbia gli ha salvato la vita.

La stessa cosa accaduta a alcune decine di bambini dei 218 migranti che arrivati stamattina a Catania sulla nave militare croata Andrija Mohorovicic, impegnata nel dispositivo Frontex: secondo quanto hanno raccontato a operatori di Save the children avrebbero pagato per uscire dalla stiva e potere respirare. A bordo anche la salma di un ventenne sudanese morto per cause naturali.

Salgono intanto a 45 i corpi recuperati dalla marina militare italiana nei fondali al largo della Libia dei migranti che erano a bordo del peschereccio che il 18 aprile ha fatto naufragio, provocando oltre 700 morti. Le salme sono state tumulate nel cimitero di Catania.