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Via dalla polizia per un tatuaggio, lo toglie ma resta "inidonea": "Farò ricorso"

Karen Bergami, 31 anni di Bologna, nel 2018 viene respinta per un piccolo tattoo sul piede. Lo rimuove,  supera i quiz ma viene di nuovo bloccata alle visite mediche anche se la rosa dei venti non c’è più 

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Supera l’iter concorsuale, i quiz, le cinque giornate di prova fino al conferimento del titolo della tesi ma un tatuaggio, una piccola rosa dei venti sul dorso del piede destro fatto a 16 anni interrompe il suo percorso per entrare in Polizia. E' la storia di Karen Bergami: la 31enne di Bologna ha rimosso il tattoo dopo un primo stop e ha anche avuto l'ok del Tar ma per il ministero dell'Interno resta "inidonea". Quindi deve abbandonare la scuola: "Valuteremo con l’avvocato il ricorso in Cassazione o se rivolgersi alla Cedu (Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, ndr) - dice amareggiata a il Resto del Carlino - . Non mollo di certo qui, questo è sicuro".

La vicenda inizia nel 2018 con il primo stop per quel piccolo tatuaggio. Passano i mesi e nel frattempo Karen decide di farselo rimuovere, con il laser. Arriviamo al 2019. La 31enne supera l’iter concorsuale e accede alla scuola di Roma ma "vengo bloccata alle visite mediche". La rosa dei venti non c’è più, resta un arrossamento del piede ma evidentemente non basta: non idonea al servizio per il tatuaggio "in zona non coperta dall’uniforme". Karen non si abbatte e ricorre al Tar entrando alla scuola con riserva. 

 

"La Commissione medica – scrive il Tar – non ha valutato l’eventualità che il tatuaggio, in fase di trattamento di rimozione, risultasse praticamente non visibile con la definizione originaria in quanto destinato a scomparire con il trattamento sanitario di rimozione avviato da tempo". "A settembre ricevetti il giudizio di idoneità ai servizi di Polizia per poi accedere al secondo anno di corso", racconta. Le viene consegnata la fascia azzurra, il conferimento di pubblica funzione di comando. 

 

Ma il 12 ottobre arriva 2020 arriva una nuova stangata: il ministero dell’Interno, otto mesi dopo impugna l’atto e chiede la sospensione della bolognese: "Avvisai i miei superiori, – continua Karen – mi risposero di restare a scuola fino all’esecuzione dell’ordinanza". Pertanto, si legge nella memoria dell’avvocato, "ha continuato a frequentare il corso, a percepire lo stipendio, a sostenere tutti gli esami, con assegnazione del titolo della tesi". 

 

Arriviamo al 13 marzo, l’udienza pubblica è discussa, il 18 la Polizia dimette il commissario Bergami con decreto, l’8 giugno con sentenza il Consiglio di Stato accoglie la volontà del Viminale. Esclusa.

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