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Mose, Orsoni si difende: "Non ho mai preso soldi, sono un uomo prestato alla politica"

Il sindaco di Venezia, ai domiciliari per finanziamento illecito ai partiti, è stato ascoltato dal gip nellʼaula bunker di Mestre e si è dichiarato estraneo ai fatti

giorgio orsoni venezia tribunale aula bunker
ansa

E' durato 45 minuti, davanti al gip Alberto Scaramuzza, l'interrogatorio di garanzia del sindaco di Venezia, Giorgio Orsoni, agli arresti domiciliari per finanziamento illecito ai partiti. "A me hanno chiesto di fare il sindaco, sono un uomo prestato alla politica che non può minimamente fare azioni del genere", si è difeso il primo cittadino. "Sono assolutamente sereno e tranquillo - ha aggiunto - perché non è passato un solo centesimo nelle mie mani".

Mose, Orsoni si difende: "Non ho mai preso soldi, sono un uomo prestato alla politica"

Secondo l'ordinanza del gip, Orsoni è entrato nella vicenda dei cosiddetti fondi neri per il Mose per una dazione di 260mila euro ricevuti nel 2010 per la campagna elettorale dal consorzio Venezia Nuova, ma il sindaco si è dichiarato estraneo ai fatti. Per la Procura si tratta di denaro che il consorzio Venezia Nuova, all'epoca presieduto da Giovanni Mazzacurati, aveva accantonato per tangenti alla politica in modo da favorire le imprese che operavano nella salvaguardia di Venezia.

L'avvocato del primo cittadino, Daniele Grasso, dopo l'interrogatorio si è detto "fiducioso, spero in una soluzione della vicenda giudiziaria in tempi rapidi". Grasso spiega che c'è stata "una serie di dichiarazioni molto lucide, tranquille e serene" con le quali Orsoni (che è "molto provato: come uomo delle istituzioni soffre tanto quanto soffre dal punto di vista umano) "ha dichiarato che non riconosce alcun addebito di responsabilità, proponendosi di dimostrarlo attraverso una fase di indagini difensive e di integrazioni della documentazione della Procura".

Per il legale, inoltre, è improprio l'inserimento del sindaco di Venezia "nel contesto di questa indagine. Poteva essere evitato perché la sua posizione va letta in modo diverso, soprattutto perché non ha nessun rapporto con gli altri capi di imputazione rispetto ad altri dell'inchiesta".

Galan: "Tentano di scaricare su di me nefandezze altrui" - "Stanno tentando di scaricare su di me nefandezze altrui. Non mi farò distruggere per misfatti commessi da altri". Lo ha affermato Giancarlo Galan in una nota in merito all'inchiesta Mose. "Su ogni cosa che ho detto e fatto nella mia vita ho sempre messo la faccia. Ho tutta l'intenzione di farlo anche stavolta, su questo non c'è alcun dubbio", ha aggiunto l'ex governatore del Veneto.

"Dimostrerò la mia totale estraneità alle accuse" - "Non ho ancora ritenuto opportuno rilasciare interviste semplicemente perché reputo doveroso rispettare l'iter giudiziario, quindi, parlare innanzitutto con la magistratura alla quale ho intenzione di spiegare e motivare, punto per punto, la mia totale estraneità alle accuse che mi vengono mosse: spero che ciò avvenga al più presto, veramente al più presto", ha poi sottolineato Galan.

Sospetti già nel 2009 - E se anche la tangentopoli veneziana è venuta a galla solo ora, c'è chi assicura che già nel 2009 era chiaro che girassero mazzette. "Avevamo la sensazione che il Mose investisse interessi e soggetti a livelli molto alti" racconta in un'intervista alla Stampa Antonio Mezzera, giudice della Corte dei Conti Antonio Mezzera, che spiega come la relazione che evidenziava le criticità dell'opera veneziana, da lui istruita e redatta nel 2009, fu modificata e pubblicata in ritardo. La relazione, sottolinea il magistrato, evidenziava "mancanza di concorrenza, commistione tra magistrato delle Acque e Consorzio, controllori (i collaudatori delle opere) scelti e pagati dal controllato (il Consorzio)".

Costa: "Appalti troppo lenti" - Da parte della politica, invece, arrivano condanne sul caso Mose. L' ex primo cittadino di Venezia, Paolo Costa, sentito sempre dalla Stampa, si limita a commentare che "queste cose sono oltre ogni mia immaginazione. Non ce la faccio a dire altro". Ma spiega che "ci vuole semplificazione normativa e bisogna essere veloci. Se per assegnare un appalto si impiegano dieci anni e cento delibere, la tentazione dell'imprenditore di corrompere per oliare le pratiche e quella del politico di farsi convincere e alla fine comperare diventa molto più forte".

Zaia: "Proprio Galan ci faceva la morale" - Il governatore Luca Zaia, invece, si toglie qualche sassolino dalle scarpe, e si sfoga con Repubblica: "Se le accuse reggeranno, il quadro che ne esce è inquietante. Ancora di più pensando ai proclami e alle lezioni pubbliche che Galan dispensava a tutti noi. Dall'alto della sua prosopopea è da quattro anni che sui giornali e le televisioni pontifica su come si deve amministrare un territorio. Che noi della Lega siamo quattro cialtroni...".

Lupi: "Non si possono buttare 4 miliardi" - Ancora a Repubblica parla il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Maurizio Lupi, che pur "considerando gli scandali Expo e Mose due casi di eccezionale gravità", sottolinea come "non possiamo buttare via 4 miliardi già spesi", e bisogna tenere a mente lo "scopo del Mose: salvare Venezia. Non è più tempo di scaricare la responsabilità sugli altri per mettersi a posto la coscienza, qui il problema è assumersi le responsabilità".