IL TRAGICO RACCONTO

Stuprate dal branco a Seminara (Reggio Calabria), una delle vittime: "Io, violentata e ricattata dai ragazzi del paese" | "Ora devo difendermi anche dai miei fratelli"

Parla Anna (nome di fantasia), una delle due giovanissime donne, all'epoca minorenni, coinvolte nella vicenda. Costretta a difendersi anche da alcuni membri della sua famiglia: "Mia zia mi ha frustata con una corda. Mi diceva che dovevo morire e che avevo rovinato la reputazione di tutti"

12 Nov 2025 - 11:01
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Seminara, piccolo paese della provincia di Reggio Calabria, è finito al centro delle cronache giudiziarie per le violenze subite da due ragazze, allora minorenni, che hanno denunciato di essere state stuprate e ricattate da un gruppo di coetanei, alcuni dei quali collegati a famiglie malavitose. Una delle vittime, isolata e condannata dalla comunità che si è schierata al fianco degli stupratori, oggi rompe il silenzio e racconta la sua storia. Ricorda che, dopo le prime denunce, "mi dicevano sei pazza, ti devi ammazzare. Mi hanno insultata, minacciata, picchiata, frustata. Ma io sono qui. Piuttosto che vivere nella menzogna avrei preferito morire. Tanto quella non era vita. Era la morte in vita".

La ricostruzione di una quotidianità

 Oggi Anna ha 22 anni e racconta, in un'intervista al Corriere della Sera, di aver cambiato paese, nel tentativo di ritrovare un minimo di serenità: "Questo mi aiuta. Prima vivevo chiusa in casa, barricata. Mi svegliavo al mattino dicendomi oggi proverò a uscire, ma poi non ce la facevo. Restavo a letto a piangere". Accanto a lei c'è solo la madre: "Solo lei - prosegue -. Ma anche prima avevo accanto soltanto lei. Un po' mi è stata vicina mia sorella, ma poi mi ha abbandonata".

"Ora devo difendermi dai miei fratelli, mia zia mia ha frustata con una corda"

 La giovane spiega che il pericolo non è arrivato solo dagli aggressori, ma anche da persone della sua stessa famiglia. "Mio fratello, l'altra mia sorella e i rispettivi compagni: adesso hanno il divieto di avvicinarsi a me. Mia zia e mio cugino, poi, hanno il braccialetto elettronico: se si avvicinano il mio dispositivo suona". Le parole si fanno più dure quando descrive gli episodi di violenza domestica: "Mi hanno minacciata, maltrattata, volevano convincermi a ritirare la denuncia contro quelli che mi avevano stuprata. Mia zia, la sorella di mio padre, e suo figlio mi hanno anche picchiata. Mia zia mi ha frustata con una corda. Mi diceva che dovevo morire, che avrei fatto meglio a non nascere proprio. Si affacciava alla finestra e urlava improperi contro di me. Diceva che avevo rovinato la reputazione di tutti. Se fosse stato vivo mio padre non si sarebbe permessa. Mi manca moltissimo mio padre".

La forza di denunciare

 La decisione di raccontare tutto è arrivata dopo aver appreso di un'altra ragazza, vittima dello stesso gruppo: "Se non fosse venuta alla luce la storia dell'altra ragazza probabilmente non avrei mai trovato la forza di denunciare. Ma quando ho saputo cosa avevano fatto a lei, ho deciso di parlare".

Gli anni di silenzio e di paura

 Prima della denuncia, Anna ha vissuto nel terrore: "Mi tenevo tutto dentro. Quelli mi dicevano: se parli ammazziamo i tuoi familiari. Avevo il terrore". La paura ha cancellato ogni fiducia negli altri e anche gli affetti più sinceri sono venuti meno: "Sì, avevo un fidanzato. Quando ha saputo dello stupro, mi ha lasciato subito".

Il sostegno delle forze dell'ordine

 Nel suo racconto c'è spazio anche per la riconoscenza verso chi le ha creduto: "La polizia, i carabinieri. In particolare, la dirigente del commissariato di Palmi e il mio poliziotto di fiducia. Senza i loro abbracci non ce l'avrei mai fatta. Sono stati la mia forza. Non li ringrazierò mai abbastanza".

Il legame con l'altra vittima

 Anna continua a mantenere un contatto con l'altra giovane: "Ogni tanto, sì. So che nella scuola che frequenta adesso ci sono anche due dei condannati in primo grado, che all'epoca dei fatti erano minorenni. Ora se li ritrova lì ogni giorno. Così rivive tutto, in continuazione. Mi domando: ma come è possibile?"

Il ritorno impossibile

 Nonostante la voglia di ricominciare, tornare nel paese d'origine resta impossibile: "Mai. L'altro giorno sono tornata al paese per far visita al mio papà al cimitero e sono stata malissimo. Anche fisicamente. Sono crollata, mi sentivo svenire, mi veniva da vomitare".

Guardare avanti

 Il processo prosegue, e Anna alterna speranza e paura: "E' dura. All'udienza per l'inchiesta che riguarda mia zia e suo figlio, il mio avvocato mi ha detto che, per fortuna, non devo andarci. A volte penso che non mi libererò mai del mio fardello. Che non sarò mai felice". Eppure trova ancora la forza di sognare: "Voglio fare il corso per diventare estetista, spero di iniziare presto e di trovare nuove amicizie. Il mio futuro è qui, in Calabria. È casa mia, nonostante tutto".

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