A Porto Viro, tre schede con il nome del cane del candidato hanno contribuito alla vittoria. Il Tar: "Erano riconoscibili come voti validi". Nessun annullamento
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Un dettaglio fuori dall'ordinario ha segnato le elezioni amministrative a Porto Viro, nel Rodigino: tre schede con la scritta "Thor" - il nome del cane del candidato sindaco Mario Mantovan - sono state ritenute valide dal Tar del Veneto. Il tribunale ha rigettato il ricorso dell'opposizione e confermato la vittoria di Mantovan, ottenuta con uno scarto di soli sette voti. Secondo la sentenza, l'indicazione del nome del cane è stata interpretata come un elemento identificativo del candidato stesso, data la presenza costante dell'animale in campagna elettorale e nei profili social ufficiali. Nessuna irregolarità sostanziale è stata riscontrata: la proclamazione resta valida.
L'elezione di Mario Mantovan a sindaco di Porto Viro, in provincia di Rovigo, è stata messa in discussione da un ricorso avanzato dallo sfidante Stefano Permunian. Al centro della contestazione, tre schede elettorali in cui, anziché il nome del candidato, compariva la scritta "Thor", nome del cane di Mantovan. L'animale era stato largamente visibile durante la campagna: presente a eventi pubblici, iniziative ambientali e ritratto accanto al padrone nei post diffusi sui social network. Proprio questa visibilità ha giocato un ruolo decisivo nella valutazione del Tar. Secondo i giudici, "Thor" era diventato parte integrante dell'identità pubblica del candidato, al punto da renderne la menzione riconoscibile e inequivocabile per gli elettori.
La quarta sezione del Tar del Veneto ha confermato la validità delle tre schede anomale. Nella sentenza si legge che "la scritta ‘Thor', in questo caso specifico, possa giustificarsi ragionevolmente con cause diverse da quella della volontà dell'elettore di farsi riconoscere". I giudici hanno ritenuto che l'indicazione dell'animale domestico, anziché costituire un segno di riconoscimento, fosse un modo rafforzativo per indicare senza ambiguità la preferenza verso Mantovan. È stato inoltre sottolineato che l'animale non era sconosciuto all'elettorato: al contrario, era un elemento di comunicazione politica presente nelle fasi salienti della campagna. Ne consegue che quei voti, pur espressi in maniera atipica, "non vanno annullati", poiché non viziati né da intenti fraudolenti né da ambiguità interpretativa.
Il ricorso di Permunian puntava su diversi aspetti: tra questi, anche la presunta presenza di Mantovan nei pressi dei seggi nei giorni delle votazioni, in violazione della distanza minima di legge. Tuttavia, su questo punto il Tar ha dichiarato la propria incompetenza, spiegando che eventuali violazioni di natura penale non possono costituire un vizio amministrativo del procedimento elettorale. Tutti gli altri motivi del ricorso sono stati respinti. La sentenza ha quindi pienamente confermato la legittimità dell'elezione, attribuendo validità non solo alle schede "Thor", ma anche ad altre con scritte come "Mario Vigile" – richiamo al passato professionale del sindaco come dirigente della Polizia Municipale. Nessuna anomalia è risultata idonea a invalidare il voto.
Episodi di voti anomali o simbolici non sono rari in Italia. In particolare, durante le elezioni del Presidente della Repubblica, è consuetudine che i parlamentari esprimano preferenze provocatorie o simboliche. Nel 2022, durante i primi scrutini per il Quirinale, comparvero nomi del mondo dello spettacolo e dello sport: da Amadeus a Valeria Marini, fino a Francesco Totti e Alfonso Signorini. Nel 2015 furono votati, tra gli altri, Sabrina Ferilli, Giorgio Armani ed Ezio Greggio. Queste preferenze, pur non valide ai fini del risultato, sono formalmente accettate e spesso testimoniano malumori o ironie politiche. Lo stesso spirito, in contesto diverso, si ritrova anche in molte consultazioni locali, dove schede con nomi inventati o commenti ironici diventano talvolta oggetto di contestazione e, più raramente, di contenzioso giuridico.
Anche in ambito internazionale si registrano casi inusuali. Negli Stati Uniti, nel Mississippi, una competizione per un seggio locale fu decisa per sorteggio dopo un pareggio perfetto: entrambi i candidati ottennero 4.589 voti e il vincitore fu scelto estraendo una cannuccia colorata. Più controverso fu il celebre "Box 13 scandal" in Texas nel 1948: l'allora candidato Lyndon B. Johnson vinse le primarie democratiche grazie a 202 voti "scoperti" tardivamente nel seggio 13 della contea di Jim Wells. L'episodio sollevò dubbi di brogli, ma non ne impedì la proclamazione. In altri casi, come in Iran nel 2009 o in Australia nel 2015, sono state le anomalie statistiche o i sistemi elettronici a generare sospetti o contenziosi. Tutti esempi che mostrano come l'esito elettorale, pur regolato da norme, possa talvolta dipendere da elementi marginali ma decisivi.