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Matteo Messina Denaro, disposto il carcere per l'autista: aveva "pizzini" in tasca

Nelle tasche di Giovanni Luppino, al momento dell'arresto sono stati trovati un coltello a serramanico, biglietti e fogli scritti a mano con numeri di telefono

Messina Denaro, il poster e la frase di "Joker" nel primo covo del boss

Sull'arresto di Matteo Messina Denaro, il gip Fabio Pilato ha disposto la custodia cautelare in carcere per Giovanni Luppino, l'agricoltore di olive che ha fatto l'autista al boss e che è stato fermato lunedì insieme al capomafia.

La richiesta di custodia cautelare per Luppino è stata presentata dal pm della Dda di Palermo, Piero Padova. Nelle tasche di Luppino, al momento dell'arresto, sono stati trovati biglietti e fogli scritti a mano con numeri di telefono, nominativi e appunti di vario genere il cui contenuto risulta di estremo interesse investigativo.

Gli oggetti trovati indosso a Giovanni Luppino sono: "Un coltello a serramanico della lunghezza di 18,5 centimetri, due cellulari posti in modalità aereo prima di essere spenti, oltre a una lunghissima serie di biglietti e fogli manoscritti con numeri di telefono, nominativi e appunti di vario genere, dal contenuto oscuro e di estremo interesse investigativo". Li ha elencati il gip che ha disposto nei confronti dell'autista del boss la custodia cautelare in carcere.

 

Secondo il giudice Fabio Pilato, che ha convalidato l'arresto in flagranza di Luppino è "necessario un approfondimento investigativo sul rinvenimento dei numerosi pizzini dal contenuto opaco, che potrebbero schiudere lo sguardo a nuovi scenari". Decidendo il carcere per l'autista del boss, accusato di favoreggiamento e procurata inosservanza della pena aggravati dal metodo mafioso "trattandosi di un soggetto a stretto contatto con il noto latitante può senz'altro presumersi che egli (Luppino, ndr) sia custode di segreti e prove che farebbe certamente sparire se lasciato libero".

 

Luppino, interrogato giovedì dal gip nel corso dell'udienza di convalida dell'arresto in flagranza, ha negato di essere stato a conoscenza dell'identità del "passeggero" che aveva accompagnato alla clinica Maddalena, luogo in cui è scattato il blitz.

 

Al giudice ha raccontato di aver conosciuto l'uomo che ha portato in clinica alcuni mesi prima perché gli era stato presentato da un compaesano, Andrea Bonafede, come suo cognato. Da allora non avrebbe mai pià visto il boss fino a domenica, quando questi, che lui conosceva con il nome di Francesco, gli aveva chiesto di dargli un passaggio a Palermo dove avrebbe dovuto fare la chemioterapia.

 

Una versione che, secondo la procura, sarebbe completamente inventata. L'agricoltore risponde di favoreggiamento e procurata in osservanza della pena aggravati dal metodo mafioso.

 

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