Messaggi in chat rivelano la frequentazione con un ragazzo. Sul comodino nella stanza dove è stata trovata morta c'era una confezione di Tachipirina
Leila Yuki Khelil © Dal Web
Il mistero che circonda la morte di Leila Yuki Khelil, avvocata americana di 39 anni, continua ad alimentare domande senza risposte. La donna è stata trovata senza vita nel pomeriggio del 15 luglio in un appartamento condiviso di via Guattani, nei pressi di Villa Torlonia a Roma. A segnalare l'accaduto è stata una coinquilina, rientrata a casa dopo il weekend. Leila era vestita di tutto punto, il trucco era intatto e le unghie curate: un dettaglio che lascia pensare che avesse avuto in programma un appuntamento. Nelle chat su Teams, recuperate dagli investigatori, l'avvocata raccontava di frequentare un ragazzo italiano conosciuto di recente. Proprio questa relazione potrebbe fornire nuove chiavi di lettura al lavoro della Procura, che ha aperto un fascicolo per omicidio contro ignoti. Sul comodino accanto al letto, gli investigatori hanno trovato anche una confezione di Tachipirina: un elemento apparentemente ordinario ma che, in attesa dei risultati degli esami tossicologici, potrebbe assumere un significato rilevante per ricostruire le cause del decesso.
Il corpo di Leila è stato rinvenuto in avanzato stato di decomposizione, segno che la morte risaliva ad almeno due giorni prima della scoperta. Secondo il medico legale Aniello Maiese, che ha condotto i primi accertamenti sul posto insieme alla polizia scientifica, le macchie scure individuate sull'addome non erano compatibili con segni di percosse, ma con i normali processi degenerativi post mortem. Un'ipotesi che ha ridimensionato i primi sospetti di una morte violenta formulati dal personale sanitario intervenuto per i soccorsi. Nonostante ciò, gli inquirenti non hanno chiuso la porta ad alcuno scenario: il fascicolo per omicidio contro ignoti rimane aperto, misura necessaria per garantire la possibilità di svolgere ogni accertamento tecnico e giuridico utile. Il fatto che l'appartamento fosse chiuso a doppia mandata dall'interno, senza segni di effrazione, rende il quadro ancora più enigmatico.
Durante il sopralluogo nella stanza, accanto al letto è stata trovata una confezione di Tachipirina. Non è chiaro se il farmaco fosse stato assunto da Leila nei giorni precedenti o se fosse soltanto riposto tra i suoi effetti personali. L'avvocato Francesco Zofrea, che rappresenta i genitori della vittima, sottolinea come ogni particolare possa rivelarsi decisivo per comprendere le circostanze della morte. L'esame tossicologico dovrà chiarire se la sostanza rinvenuta abbia un collegamento diretto con il decesso. Secondo fonti investigative, resta aperta anche la possibilità che Leila abbia assunto, a sua insaputa o sotto costrizione, altre sostanze nocive. In attesa di risposte scientifiche, la presenza del medicinale resta un tassello ancora irrisolto in un mosaico complesso.
Gli inquirenti stanno valutando con attenzione i messaggi scambiati da Leila con una delle coinquiline americane, trasferitasi nel frattempo negli Stati Uniti. Dalle conversazioni emerge che la 39enne aveva iniziato a frequentare un ragazzo italiano, rapporto nato da poco ma che l'avvocata sembrava voler approfondire. La Procura considera questa relazione una pista significativa e sta cercando di ricostruire la rete di conoscenze e incontri avuti da Leila nei giorni precedenti la morte. Le verifiche si concentrano anche sul telefono cellulare e sui documenti personali: secondo il legale della famiglia, mancherebbe un documento d'identità, circostanza che non trova al momento una spiegazione chiara. La famiglia, che segue passo dopo passo l'evoluzione delle indagini, chiede che venga fatta luce rapidamente, senza zone d'ombra.
Il nodo principale rimane quello scientifico: la Procura ha disposto esami tossicologici completi, i cui risultati sono attesi entro il 19 settembre. Solo questi accertamenti potranno chiarire se la morte sia stata causata dall'assunzione di farmaci o di altre sostanze. Gli investigatori valutano tutte le possibilità, compresa quella che l'avvocata abbia assunto composti pericolosi non per sua volontà. Intanto, resta aperta la questione della salma: il corpo di Leila si trova ancora presso l'Istituto di medicina legale della Sapienza, nonostante il nullaosta al trasferimento negli Stati Uniti. I genitori, Ralph e la moglie, hanno più volte denunciato pubblicamente il ritardo e chiedono di poter celebrare il funerale a Los Angeles. Le pressioni della famiglia, che ha già organizzato veglie e appelli, si uniscono alla necessità di dare risposte chiare su un caso che continua a scuotere l'opinione pubblica.
Leila Khelil era arrivata a Roma tra gennaio e febbraio per frequentare un master in fashion law presso un'università privata. Proveniva da una famiglia multiculturale: padre di origini tunisine, madre giapponese, viveva a Los Angeles dove aveva iniziato a costruire la sua carriera professionale. La scelta di trasferirsi temporaneamente in Italia era stata sostenuta con orgoglio dal padre, che l'aveva incoraggiata a specializzarsi in un settore innovativo come il diritto legato alla moda. A marzo aveva stipulato una polizza sanitaria, segno di un'organizzazione attenta e di un progetto di vita ben definito. Le compagne di appartamento la descrivono come una persona socievole e dedita allo studio, impegnata a costruire il proprio futuro accademico e professionale. Un percorso interrotto bruscamente da una morte che resta senza spiegazioni e che oggi rappresenta un enigma per gli inquirenti italiani.