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"Sono stanco, ma sto bene". Lo ha detto appena rientrato in Italia Mauro Donato, il fotoreporter arrestato il 16 marzo in Serbia, al confine con la Croazia per una presunta aggressione e rapina ai danni di alcuni profughi, oggetto di un suo reportage. L'uomo è sbarcato poco dopo le 20.30 all'aeroporto di Fiumicino, da un aereo di linea di Alitalia proveniente da Belgrado.
"E' finita una brutta disavventura", aveva detto il fotoreporter piemontese subito dopo aver lasciato nel primo pomeriggio il carcere di Sremska Mitrovica, città a ovest di Belgrado. Accompagnato dall'ambasciatore d'Italia in Serbia Carlo Lo Cascio e dal personale diplomatico che, in collegamento con la Farnesina, in tutti questi giorni ha seguito la delicata vicenda con la massima cura e attenzione, Donato si è subito recato all'aeroporto di Belgrado da dove nel tardo pomeriggio si è imbarcato su un aereo per Roma.
La soddisfazione della famiglia - Grande la soddisfazione dei familiari, che hanno tirato un sospiro di sollievo alla notizia della sua liberazione. "Ringraziamo amici, colleghi e quanti si sono in ogni modo adoperati per la sua liberazione, e in particolare il presidente della Fnsi Beppe Giulietti, l'Associazione stampa Subalpina, il professor Luigi Manconi e l'Ufficio italiani all'estero della Farnesina", hanno fatto sapere in una nota. Piemontese, 41 anni, Donato - che in passato ha collaborato anche con l'agenzia Ansa - al momento del fermo si trovava nella località serba di Sid, a ridosso del confine con la Croazia, impegnato in un reportage sulla rotta balcanica battuta dei profughi mediorientali, insieme all'altro fotografo italiano Andrea Vignali.
Le accuse contro il fotoreporter - Le accuse contro di lui sono apparse subito poco credibili e per certi versi assurde, visto che Donato avrebbe tra l'altro aggredito i profughi per impossessarsi della somma irrisoria di 300 dinari serbi, pari a meno di tre euro. Gli stessi profughi avevano ritrattato le accuse dopo aver visionato una foto più recente di Donato, ma il giornalista era rimasto in carcere nonostante le proteste e gli appelli delle Associazioni giornalistiche di Italia e Serbia e le pressioni per la sua liberazione da parte delle autorità diplomatiche italiane.