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È morto a 91 anni Emanuele Severino, il grande filosofo della contemporaneità

Studioso della tecnica nella società moderna e del Divenire, celebre per le sue critiche al capitalismo e al comunismo, non si sottrasse a severi scontri anche sulla religione cattolica

Ansa

Laureatosi in filosofia a Pavia nel 1950, ottiene la cattedra di teoretica alla Cattolica di Milano. I libri pubblicati in quegli anni che negavano il concetto di Divenire entrano in forte conflitto con la dottrina ufficiale della Chiesa cattolica, suscitando vivaci discussioni all'interno dell'Università Cattolica e nella Congregazione per la dottrina della fede (l'ex Sant'Uffizio). Dopo un lungo e accurato esame, condotto da Cornelio Fabro, la Chiesa proclama ufficialmente nel 1969 l'insanabile opposizione tra il pensiero di Severino e il Cristianesimo.

Il filosofo, lasciata l'Università Cattolica, viene chiamato all'Università Ca' Foscari di Venezia dove è tra i fondatori della Facoltà di Lettere e Filosofia. La stessa nel 2005 lo proclama professore emerito. Accademico dei lincei  e Cavaliere di Gran Croce, ha collaborato per alcuni decenni con il Corriere della Sera.

Severino ha spesso criticato sia il capitalismo sia il comunismo, fonti dell'heideggeriana "vita inautentica" in quanto espressioni di "dominio della tecnica" (come d'altronde il fascismo), ma anche la sinistra in quanto "non è più socialdemocrazia", rilasciando anche dichiarazioni sul suo punto di vista sul passato e sull'avvenire dell'Italia: "Le spiegazioni della crisi del nostro tempo rimangono molto in superficie anche quando vogliono andare in profondità. Il fenomeno di fondo, che non viene adeguatamente affrontato, è l'abbandono, nel mondo, dei valori della tradizione occidentale; e questo mentre le forme della modernità dell'Occidente si sono affermate dovunque."

 

Un pensiero radicale - Nel 1864 pubblica forse il suo libro più celebre,  Ritornare a Parmenide. Un pensiero che Severino, considerato uno dei più grandi filosofi, scrittori e intellettuali del Novecento, ha coltivato facendo riferimento, oltre che a Parmenide, ad Aristotele, Eraclito, Hegel, Nietzsche, Leopardi. Per il filosofo bresciano l'Occidente vive nel nichilismo, ovvero nella convinzione che le cose, tutte le cose escono dal nulla e vi fanno ritorno. Nei numerosi libri pubblicati sin dagli anni '50,  Severino ha mostrato invece che tutto, anche le cose più insignificanti sono eterne per necessità e la convinzione che tutte le cose escono dal nulla e vi fanno ritorno è la "follia estrema". L'uomo ha sempre cercato il rimedio al terrore davanti al dolore e alla morte. Lo ha cercato con il mito, la poesia e la religione e proprio in questo contesto ha approfondito il pensiero di Eschilo ma anche di Giacomo Leopardi in libri come Il Giogo e Cosa arcana e stupenda.

 

 

La tecnica nel pensiero di Severino - Di particolare rilievo poi i suoi studi sulla tecnica - la forza suprema destinata a dominare il mondo e alla quale si assoggettano anche le grandi forze della tradizione: cristianesimo, capitalismo, socialismo, umanesimo - fino al suo ultimo libro, Testimoniando il destino
Un percorso cominciato quando aveva solo 23 anni e si è concluso il 17 gennaio a Brescia, ma si è saputo solo adesso. 

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