Suicida dopo mancata cittadinanza italiana: la sorella chiede giustizia
Adelina Sejdini si è tolta la vita lanciandosi da un cavalcavia ferroviario a Roma dopo che le era stata riassegnata la cittadinanza albanese. Aveva denunciato il racket della prostituzione
Si è tolta la vita lanciandosi da un cavalcavia ferroviario a Roma dopo che le era stata negata la cittadinanza italiana, che aspettava da anni, e riassegnata quella albanese, che non voleva più. Questo ha spinto al suicidio Adelina Sejdini, ex prostituta nata a Durazzo, che aveva denunciato il racket albanese della tratta delle donne; così aveva fatto arrestate 40 persone e denunciate altre 80. Ora la sorella Ermira, da Pavia, chiede giustizia. "Mia sorella - racconta - ha affrontato la vita aiutando le persone a non soffrire: quando è stata lei a chiedere aiuto, nessuno l'ha aiutata".
Denunciò il racket albanese - "Voglio sapere cosa è successo - aggiunge Ermira -. La salma non ci è ancora stata restituita. Dalle istituzioni abbiamo avuto solo una telefonata, a mio padre, per annunciare che mia sorella era morta".
Era disperata, Adelina Sejdini, dopo che nel suo permesso di soggiorno era stato tolto lo stato di apolide e indicata la cittadinanza albanese. Aveva fatto arrestare i suoi sfruttatori, in gran parte appartenenti alla mafia albanese che controllava lo sfruttamento della prostituzione in tutta Italia, e attendeva di ottenere la cittadinanza italiana.
La storia di Adelina - Arrivata in Italia a 22 anni dall'Albania, nel 1996, Adelina per anni è stata picchiata, violentata e mandata in strada. Ha avuto la forza di denunciare e uscire da quell'inferno. Ma, alla fine, si è sentita abbandonata dallo Stato, senza una casa, invalida al 100%, con un tumore al seno e, soprattutto, priva di quella cittadinanza italiana che le sarebbe spettata.
Viveva a Pavia, ma per protestare contro la burocrazia, alla fine di ottobre aveva deciso di andare a Roma, nonostante le sue precarie condizioni di salute, sperando di poter incontrare il presidente della Repubblica Sergio Mattarella o alcuni funzionari del ministero dell'Interno.
Proprio davanti al Viminale il 28 ottobre si era data fuoco. Soccorsa e trasportata all'ospedale Santo Spirito con gravi ustioni, la donna, su disposizione delle autorità, sarebbe dovuto rientrare a Pavia, ma è rimasta a Roma e l'8 novembre si è tolta la vita lanciandosi dal cavalcavia ferroviario di ponte Garibaldi. Aveva 47 anni. Sulla tragedia sono in corso accertamenti da parte della polizia ferroviaria di Roma Termini.
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