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Milano, traffico illecito di 37mila tonnellate di rifiuti e roghi: 15 arresti

"Faremo il botto", ha affermato in unʼintercettazione uno degli arrestati. Tra i destinatari dei provvedimenti ci sono imprenditori, amministratori e gestori di società operanti nel settore

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Il meccanismo era semplice: incassare soldi con il ritiro di tonnellate di rifiuti, stoccarli illegalmente in capannoni sparsi nel Nord Italia, infine bruciare tutto.

"Il guadagno era netto", come ha detto il capo della Dda di Milano Alessandra Dolci. E sono tanti i soldi passati per i conti delle società scoperte dall'indagine "Venenum": un lavoro partito dall'incendio del deposito di via Chiasserini nel 2018 e che ha portato all'arresto di 15 persone.

Il sequestro di oltre 1 mln di euro - La titolare dell'area dell'incendio di via Chiasserini era la Ipb Italia Srl e secondo i pm Silvia Bonardi e Donata Costa sarebbe transitato un guadagno di 1.086.000 euro, cifra che è stata oggetto di sequestro preventivo. Ancora da quantificare, invece, il ricavo illecito delle altre società coinvolte. Tra i destinatari dei provvedimenti ci sono imprenditori, amministratori e gestori di società operanti nel settore dello stoccaggio e smaltimento rifiuti, intermediari e responsabili dei trasporti. Alcuni hanno precedenti per smaltimento illecito. I reati, a vario titolo, sono attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti, attività di gestione di rifiuti non autorizzata, intestazione fittizia di beni e calunnia.

Non c'è l'aggravante mafiosa - Non è contestata l'aggravante mafiosa anche se alcuni potrebbero aver avuto legami con la criminalità organizzata. Sono 37mila le tonnellate di rifiuti smaltiti illegalmente dal gruppo, per lo più appartengono alla classe CER 191212, provengono dalla raccolta dei rifiuti domestici (comprese le piazzole ecologiche) e dalle attività produttive artigianali. "Per dare un'idea della quantità - ha spiegato il capo della Mobile milanese Lorenzo Bucossi - basti pensare che i metri cubi corrispondono a un campo di calcio alto cinque metri".

Rifiuti provenienti anche da Napoli e Salerno - Il 38 per cento del totale proveniva da Napoli e Salerno, non a caso due degli arrestati sono titolari di aziende intermediarie per lo smaltimento con sede nel Casertano. Oltre al sito di via Chiasserini gli investigatori hanno individuato altri capannoni appositamente affittati dagli indagati (anche servendosi di "teste di legno") a Fossalta di Piave (Venezia), a Meleti (Lodi) e Verona San Massimo (Verona). Pur non essendo ancora stato individuato il colpevole dell'incendio del 14 ottobre, il gip Giusy Barbara scrive che è "altamente probabile" che "sia servito per smaltire illegalmente gli stessi rifiuti" e precisa che nonostante il sopralluogo di pochi giorni prima nell'area "non si era proceduto al sequestro perché il funzionario di Città Metropolitana "era privo della qualifica necessaria al compimento di quell'atto" e gli operatori della Polizia Locale che lo avevano accompagnato "avevano ritenuto necessario" verificare se, come era stato riferito, quei rifiuti fossero davvero stati lasciati da chi aveva occupato il capannone in precedenza.

L'organizzatore deI traffico: "Faremo il botto" - In manette con l'accusa di essere "promotore ed organizzatore del traffico di rifiuti", Aldo Bosina, di 55 anni, amministratore della Ipb Italia srl, indagato anche per calunnia perché "sapendolo innocente, ha simulato tracce del reato di gestione illecita di rifiuti a carico di un dipendente straniero della societa'". In un'intercettazione spiega alla segretaria come sbarazzarsi del computer contenente dati compromettenti buttandolo in un bosco, dove poi sarà trovato dagli investigatori. In un'altra registrazione uno degli arrestati, pochi giorni prima del rogo di Chiasserini, risponde così al suo interlocutore che gli domanda come procedono le operazioni di smaltimento: "Va tutto bene, faremo il botto".