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Fenomeno "Blue Whale": per i pm è stata solo psicosi, un unico caso accertato

I magistrati milanesi proseguono le indagini, ma finora solo una 20enne è indagata per un unico episodio

Fenomeno
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Il fenomeno del "Blue Whale", il "gioco della morte" sul web "manovrato" da qualcuno dietro le quinte, è stato più che altro psicosi causata dal clamore mediatico.

Delle decine di denunce approdate sulla scrivania del pm milanese Cristian Barilli, infatti, è emerso un solo caso accertato, quello di una ventenne milanese (ora indagata) che sarebbe riuscita a convincere una dodicenne ad autoinfliggersi dei tagli.

L'accusa, per la ragazza, è quella di istigazione al suicidio. Su tutte le altre segnalazioni, almeno per il momento, mancano invece riscontri: il sospetto degli inquirenti milanesi è che molti dei casi di autolesionismo denunciati non siano stati "ordinati" da qualcuno ma siano il frutto di una "suggestione" collettiva.

Da maggio, quando il fenomeno della "Balena Blu", che si diceva fossa nato in Russia, è esploso mediaticamente, sono infatti giunte negli uffici della Procura milanese centinaia di segnalazioni da genitori e istituti scolastici che hanno chiesto agli inquirenti di indagare sui comportamenti autolesionistici di figli e studenti, sospettando che fossero manovrati da qualcuno in Rete.

Ciò che per ora accomuna i tanti fascicoli aperti è soprattutto la "psicosi" delle segnalazioni, mentre (a parte l'unico caso della 20enne milanese) non sono stati trovati, finora, i cosiddetti "curatori" della "Blue Whale" (cioè quelle persone che adescano gli adolescenti sul web indicando loro le prove da superare, istigandoli a compiere atti di autolesionismo e poi a dimostrarlo con foto da pubblicare sui principali social network).

Gli accertamenti da parte degli inquirenti proseguono comunque, ma i pm sono convinti che gli adolescenti che hanno compiuto gesti di autolesionismo lo avrebbero fatto, in alcuni casi, anche perché suggestionati dal fenomeno di cui tanto si è discusso.