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Casa Scajola, pm chiedono 3 anni

Secondo lʼaccusa, avrebbe pagato un appartamento vicino al Colosseo solo in parte, mentre una quota della somma sarebbe stata versata da Diego Anemone. Per questa vicenda Scajola si dimise da ministro

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Tre anni di reclusione: è questa la richiesta di condanna avanzata dai pm della Procura di Roma per l'ex ministro Claudio Scajola, accusato di finanziamento illecito per l'acquisto di un appartamento vicino al Colosseo. I magistrati dall'accusa hanno inoltre chiesto che Scajola venga condannato al pagamento di una multa da due milioni di euro.

Stessa condanna è stata chiesta per l'imprenditore Diego Anemone. Per l'accusa Anemone, personaggio chiave dell'inchiesta nata a Perugia sul G8 e di cui quella sulla casa di Scajola rappresenta un filone giunto per competenza a Roma, avrebbe pagato, attraverso l'architetto Angelo Zampolini, parte della somma versata dall'ex esponente del Pdl (1,1 su 1,7 milioni di euro) per l'acquisto e avrebbe poi dato centomila euro per la ristrutturazione. Per questa vicenda Scajola si dimise da ministro.

Scajola: "Fatti insussistenti, attendo sereno la sentenza" - "La richiesta dell'accusa è pesante e in contrasto con quanto emerso durante tutto il dibattimento. L'avvocato Elisabetta Busuito, nella sua arringa, ha dimostrato puntualmente l'insussistenza dei fatti che mi sono stati contestati e il 27 prossimo l'avvocato Giorgio Perroni svolgerà la sua discussione. Mi sono fatto da parte per quasi 4 anni in attesa di chiarezza da parte della magistratura, di cui ho piena fiducia. Attendo quindi con serenità la sentenza del 31 gennaio". E' quanto dichiara Claudio Scajola.

La difesa: "Nessun riscontro finanziamento illecito" - "Le prove documentali e testimoniali emerse durante il processo hanno rivelato la superficialità e l'inesattezza delle indagini condotte dalla guardia di finanza". E' quanto sostenuto dall'avvocato Elisabetta Busuito, uno dei difensore di Scajola. "Ogni correlazione - ha proseguito il penalista nel corso della sua arringa difensiva - tra movimenti bancari di società del gruppo Anemone e la dazione della differenza per il pagamento dell'appartamento non solo non ha prova che la suffraghi, ma si configura come una vera e propria illazione". Secondo Busuito, "non vi è alcun riscontro provato che supporti il reato di finanziamento illecito".

"La perizia relativa ai flussi bancari ha rivelato come non vi sia traccia rispetto ad orari e modalità di versamento degli assegni. La perizia - ha spiegato - relativa al valore dell'immobile ha confermato la congruità del valore dell'immobile di via del Fagutale rispetto alla cifra pagata dall'onorevole Scajola". Infine, per quanto riguarda i lavori di ristrutturazione, secondo il difensore dell'ex ministro "essi venivano pagati regolarmente da Scajola, come è emerso in fase dibattimentale, così come da Scajola è stato ad esempio pagato il notaio. Chiediamo, quindi, l'assoluzione perché il fatto non sussiste".