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Il Bdsm a Milano, Sam e Ross: storie di ordinario sadomasochismo

Abbiamo esplorato per qualche mese la scena sadomaso del capoluogo lombardo e raccolto le esperienze di alcuni protagonisti. Ve ne proponiamo alcune

Il Bdsm a Milano, Sam e Ross: storie di ordinario sadomasochismo - foto 1
tgcom24

Sam prova eccitazione dal dominio sul corpo della sua schiava.

Durante i giochi la lega, la benda, la immobilizza. Anche Ross è un dominatore, ma in una veste atipica: si fa camminare addosso dalle donne. Benché siano loro a calpestarlo, è lui a mantenere il controllo della situazione. Con un piccolo movimento potrebbe far cadere giù la partner come un birillo. Nei suoi 39 anni dice di aver “sostenuto” con il suo corpo 1.500 donne di cui 23 contemporaneamente. Quelle di Sam e di Ross sono solo due delle tante storie che abbiamo raccolto esplorando per qualche mese la scena Bdsm di Milano, definita dagli addetti ai lavori "capitale del sadomasochismo italiano".

La storia di Sam - La mattina la sveglia di Sam suona molto presto. Il tempo di un caffè. Poi indossa giacca, pantaloni, cappello e grembiule ed entra in cucina dove trascorre tutta la giornata. Sam lavora in un importante ristorante di Milano. Mettersi al servizio degli altri ha sempre fatto parte della sua vita. Nel lavoro, in famiglia, e prima anche con la sua fidanzata, da qualche mese diventata ex.

Di notte però ha trovato un modo per scrollarsi di dosso la tensione: gioca a legare la sua schiava. Ha 28 anni, è di Torino e Sam Fisher è il suo nome d'arte, ma ormai lo chiamano così anche alcuni colleghi di lavoro, quelli a cui ha rivelato la sua passione. “Ho iniziato circa cinque anni fa quando lavoravo come cuoco in Piemonte. Ho cominciato giocando a legare una mia collega”, racconta il ragazzo. Per una persona che si affaccia per la prima volta al bondage imparare a fare lacci e nodi attorno al corpo di una persona non è proprio semplicissimo. “La corda deve sostenere senza lacerare – spiega il ragazzo - ho imparato cercando informazioni su Internet e poi mi esercitavo di nascosto in cucina legando gli arrosti”.

Sam abita a Milano da meno di un anno, ma è subito entrato nel giro grazie a una sua amica conosciuta su Fet Life, il social network dei bdsmer. È riuscito a nascondere per anni la sua doppia vita all'ex fidanzata. Le diceva che era a lavoro intanto legava la sua schiava. “Con la mia ragazza era un casino. Ero costretto a mentirle, non lo facevo volentieri. Da un lato mi sentivo in colpa, dall'altro capivo che il sadomasochismo era qualcosa di cui non potevo fare a meno. Ho cercato di introdurla in questo mondo, ma lei non era interessata per cui ho lasciato perdere e abbiamo continuato a vivere nella menzogna”.

La storia di Ross - Ha 39 anni e sostiene di essere un sadomasochista da 35. I primi ricordi legati alla sua passione risalgono all'infanzia. “La mia prima esperienza è stata a nove anni con la mia baby sitter”, racconta Ross. L'uomo fa multi trampling: una pratica inconsueta nel mondo Bdsm. Si fa camminare addosso dalle donne, o come dice lui “le sostiene” con il proprio corpo. “Nella mia vita ho fatto da tappeto a 1.500 donne”, dice.

L'uomo non sa individuare le ragioni o le modalità con cui ha maturato questa fantasia. Ha sempre nutrito il desiderio di essere calpestato dalle donne. “Per gioco ho convinto la mia baby sitter a mettermi i piedi addosso. Allora per me non era un'esperienza sessuale, ma sapevo già che mi sarebbe piaciuto che mi calpestasse”. Poi a 18 anni, navigando su Internet, Ross ha capito di essere un sadomasochista. “Ci sono arrivato per esclusione, nel senso che non sapevo che la mia fosse una pulsione di tipo sessuale. Mi piace sentire la donna muoversi su di me e non ritengo fondamentale concludere la sessione con un rapporto completo”. 

Nel Bdsm non sempre il gioco ha una finalità sessuale in senso tradizionale. Anzi molti sadomasochisti ritengono le pratiche in sé talmente appaganti dal punto di vista fisico e mentale che il sesso finisce per diventare un contorno. Ross, per esempio, considera il multi trampling un'esperienza intima che lo soddisfa pienamente. “Se trovassi una partner che mi calpesta ed è frigida sarebbe il massimo”, scherza. 

Parlando della sua passione è Ross stesso a definirsi un “tappeto”, ma allo stesso tempo dice di assumere nel gioco un ruolo dominante. “Sono io ad avere il controllo della situazione, un mio piccolo movimento e la mia partner cade giù come un birillo”. Ci mostra le foto di alcune sue esibizioni durante eventi Bdsm. Cinque/sei donne gli stanno addosso in equilibrio, lui è steso a terra come uno zerbino.

Il Bdsm a Milano, Sam e Ross: storie di ordinario sadomasochismo - foto 2
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Quando gli facciamo notare che il suo, a occhio, non sembra essere l'emblema di un ruolo di dominazione, lui risponde: “Sono un dom passivo, accetto di essere chiamato anche ‘schiavo' dalla partner, l'importante è che poi faccia come dico io”. E aggiunge: “In verità sono un maniaco del controllo e ho la fobia di perderlo. Per esempio non faccio mai salire la donna sulla schiena perché non la potrei controllare”.

Nella scena Bdsm il dress code ha un ruolo molto importante. Vestirsi fetish (abbigliamento aderente in materiale inusuale con latex, pelle, pvs, gomma) è persino obbligatorio in alcune feste. L'abito è considerato identificativo e assume una valenza erotica per i sadomasochisti, ma non per Ross che è un bdsmer anomalo anche in questo. “Sono contro al dress code nei locali, non voglio essere costretto a indossare maschere”. Ross però è un nome di fantasia. L'uomo con cui parliamo ha scelto, come tanti altri, di nascondere la sua vera identità.

“Prima non mi preoccupavo di tenere separate le due vite, ma da circa cinque anni a questa parte sono stato costretto a farlo. Mi dispiace dover certe volte rinnegare me stesso a causa dei pregiudizi della gente”. Per due volte, mentre cercava lavoro, gli è stato detto che la sua vita sessuale era troppo vivace per ottenere il posto. “Succede solo in Italia, perché quando abitavo in Australia nessuno mi ha mai giudicato per i miei comportamenti in camera da letto. Per me è una sofferenza abitare in un posto in cui sono costretto a scindere due lati di me stesso”.