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Era fuggita da Treviso per unirsi all'Isis, ora è pentita e vuole tornare a casa

Dopo un anno a Raqqa, Sonia è in un campo di prigionia in Siria con due figli e vorrebbe rientrare. Ma anche i suoi genitori sembrano che non vogliano più avere a che fare con lei

Era fuggita da Treviso per unirsi all'Isis, ora è pentita e vuole tornare a casa - foto 1
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Sonia era fuggita da Onè di Fonte, provincia di Treviso, a soli vent'anni.

Voleva unirsi all'Isis perché era convinta che all'interno dei confini del Califfato si vivesse in modo giusto, secondo i principi del Corano. Si è subito resa conto che lo Stato Islamico si basava su violenza ed estremismo. Ora si trova in un campo di prigionia in Siria con altre donne, ma è pentita e vuole tornare a casa, in Veneto, dalla sua famiglia di origini tunisine. Non rinnega i valori dell'Islam, bensì il modo in cui venivano messi in pratica da Daesh.

Ha perso i contatti con i genitori "Se potessi tornare indietro non lo so la scelta che farei. Oggi ho due figli, devo pensare a loro, al loro futuro", ha detto Sonia in un'intervista al Corriere del Veneto. "Vorrei tornare a casa mia, ma non so se sarà possibile". Ora si trova nel campo profughi di Ein Hissa, a circa un centinaio di chilometri da Raqqa, ex roccaforte Isis in Siria. Assieme a lei ci sono altre donne che hanno sposato combattenti dello Stato Islamico. Ma Sonia non vuole condividere più niente con loro e si tiene a distanza. Allo stesso tempo, anche i genitori sembrano non voler avere più niente a che fare con lei: "Loro erano contrari, non volevano che partissi. Mio padre ha fatto di tutto per farmi cambiare idea, ma non ci è riuscito. Ho provato a cercarli prima con dei messaggi e poi a chiamarli direttamente, ma non ho ottenuto risposte".

Un anno a Raqqa Sonia era fuggita in Turchia, si era sposata e poi si era diretta verso la Siria. "Siamo entrati con un passeur", racconta, "che da Gaziantep che ha portati fino al confine siriano". Un passeur è un trafficante di uomini, mentre Gaziantep è una città a sud della Turchia, dove continuano ad esserci numerosi sostenitori dello Stato Islamico e che tuttora funziona come base d'appoggio per chi si vuole arruolare. La coppia ha superato a piedi il confine, poi una macchina ha dato loro un passaggio fino a Raqqa. "Mi sono subito resa conto che non era come mi aspettavo: un mondo perfetto e giusto dove si viveva secondo le regole del Corano. A quel punto avrei voluto tornare a casa, ma rischiavo la vita anche solo a pensarlo". Così in quella città è rimasta un anno, assistendo alla violenza quotidiana e alle esecuzioni degli estremisti islamici.

Indossa il burqa Nel frattempo, Sonia ha avuto due figli, mentre il marito è stato ucciso da un drone. Indossa il burqa, unica fra le spose dell'Isis presenti nel campo: "Mi sono documentata sul web e ho deciso di vestirmi così, lo dice il Corano. Mio padre mi ripeteva sempre che non dovevo,  che era una scelta sbagliata, ma io sentivo che questo era l'unico modo per seguire i precetti dell'Islam". Non ha dubbi riguardo i principi religiosi ai quali ha scelto di aderire, ma è convinta che il Califfato li avesse traditi: "Daesh ama il sangue, uccidere la gente. Non si ferma di fronte a nulla. In tanti si sono resi conto cosa volesse dire farne parte solo quando sono arrivati in Siria". Ma nello Stato Islamico si può solo entrare, non uscire. Così Sonia è rimasta, temendo per la sua vita e per quella dei suoi figli. "Se la domanda è se davvero accadeva quello che si vede nei video che gli uomini dell'Isis pubblicavano sul web, la risposta è sì: era tutto vero. Ancora oggi ci sono molte persone che vorrebbero dare un taglio a quel tipo di vita e uscirne. E moltissimi altri che sono sempre pronti a morire per Daesh".