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Stragi della Uno bianca, Savi dopo 23 anni esce in permesso premio

Il più piccolo dei fratelli autori delle stragi a cavallo tra gli anni Ottanta e Novanta deve scontare lʼergastolo. La madre di un carabiniere ucciso: "I giudici hanno dei figli?"

Alberto Savi, l'ex poliziotto condannato all'ergastolo per le stragi della Uno bianca, ha chiesto e ottenuto per la prima volta dopo 23 anni di carcere un permesso premio: 12 ore di libertà, dalle 8 alle 20, di cui ha già beneficiato trovando ospitalità in una comunità protetta.

Savi, 52 anni, è detenuto nel carcere di Padova. "Spero che il giudice di sorveglianza abbia figli" per capire cosa si prova, ha detto la madre di uno dei carabinieri uccisi.

Savi ha mostrato pentimento - Contro il permesso premio si era schierata la Procura della Repubblica, presentando un ricorso al via libera dato a dicembre dal giudice di sorveglianza. Per ottenere le dodici ore di libertà, il più giovane dei fratelli Savi aveva presentato una serie di relazioni degli operatori del carcere Due Palazzi che attesterebbero un percorso di pentimento iniziato da tempo, accompagnato da un coinvolgimento lavorativo prima nel call center dell'istituto di pena per conto del Cup (Centro unico di prenotazione) dell'Azienda ospedaliera e dell'Uls 16 di Padova e successivamente in un'altra realtà.

La madre di un agente ucciso: "I giudici hanno figli?" - "Mi auguro che il giudice di sorveglianza" che ha concesso il permesso ad Alberto Savi "abbia figli e capisca cosa hanno fatto queste persone alle famiglie che avevano dei figli: glieli hanno tolti, il mio aveva 22 anni e mi rimane solo una tomba e non ho piu' lacrime da piangere". E' lo sfogo pronunciato da Anna Maria Stefanini, mamma di Otello, il carabiniere ucciso dai killer della Uno bianca insieme ai colleghi Mauro Mitilini e Andrea Moneta il 4 gennaio 1991 nella Strage del Pilastro a Bologna.

La lettera all'arcivescovo - Sull'ok potrebbe aver pesato anche la lettera inviata nel settembre scorso all'arcivescovo di Bologna, mons. Matteo Zuppi, per chiedere perdono per quanto fatto.