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Conte e Speranza ai pm di Brescia: "Difendiamo le nostre scelte sul Covid"

L'ex premier e l'ex ministro della Salute davanti al tribunale dei Ministri di Brescia. Oggetto dell'inchiesta, la gestione della prima pandemia 

Conte e Speranza ai pm di Brescia: "Difendiamo le nostre scelte sul Covid" - foto 1
Ansa

Giuseppe Conte e Roberto Speranza sono stati ascoltati dai pm del Tribunale dei Ministri di Brescia.

L'ex premier e l'ex ministro della Salute hanno ricostruito, spiegato, risposto alle domande sulle scelte effettuate durante la prima ondata del Covid, difendendo il loro operato. Caterina Malavenda.

Il leader del Movimento 5 Stelle e il deputato di Articolo Uno, figurano tra gli indagati nell'inchiesta della Procura di Bergamo per la mancata istituzione di una zona rossa per isolare i comuni di Nembro e Alzano Lombardo e per la mancata applicazione del piano pandemico che, seppur datato 2006, per la magistratura poteva limitare i danni e salvare parecchie vite.

L'inchiesta sulla gestione dell'emergenza

 L'ex premier "Ha risposto a tutte le domande, ha chiarito, ha ricostruito tutto quello che è accaduto a partire dal 26 febbraio al 6 marzo, e stato esauriente", ha spiegato l'avvocato Malavenda, legale di Conte, annunciando il deposito di una memoria. Conte si è soffermato anche sulla "nota informale del 2 marzo del Cts", che ai tempi dell'audizione del 12 giugno 2020 (il cui contenuto è stato ribadito), quando venne sentito dal pm come persona informata sui fatti a palazzo Chigi, non era ancora agli atti dell'indagine. "L'ha commentata e ha spiegato qual era la sua posizione", ha detto la legale, riferendosi a un appunto o verbale in cui l'Iss e i tecnici del ministero avevano prospettato a Conte la chiusura di Nembro e Alzano e quindi l'istituzione di una zona rossa come era avvenuto pochi giorni prima nel Lodigiano. "Il collegio ha ascoltato attentamente, - ha proseguito Malavenda -Noi ci fidiamo dei giudici e confidiamo che tutto finisca presto e bene". Dopo l'ex presidente del Consiglio, è toccato a Speranza che per circa mezz'ora, in una sorta di dichiarazione spontanea, ha chiarito. L'ex ministro, come ha riferito il suo legale, Guido Calvi, oltre ad aver "illustrato le ragioni della sua condotta, rispettosa delle norme, ha ribadito l'estraneità di ogni addebito". Ha affermato di non aver applicato il piano pandemico del 2006 in quanto, "tutta la comunità scientifica lo riteneva totalmente inefficace per combattere il Covid. In particolare, nel capitolo d’inchiesta riguardante la non applicazione del piano pandemico vigente nel 2020, nel giugno 2021 Speranza aveva detto che "il piano era datato e non costruito specificamente su un coronavirus ma su un virus influenzale".

La contestazione

 Davanti al Palazzo di Giustizia di Brescia, già in mattinata, si erano radunati alcuni esponenti del movimento 'No Green Pass' e 'No Vax'. Si è presentato un piccolo gruppo di manifestanti, tra cui una donna con un cartello con scritto "siamo in vigile attesa che andiate tutti in galera" e che ha affermato che "i malati sono stati abbandonati". 

I prossimi passi

 I giudici hanno 90 giorni di tempo e due strade: archiviare o inviare gli atti a Roma per la richiesta al Parlamento di autorizzazione a procedere. Nell'inchiesta della procura di Bergamo secondo la quale si sarebbero potuti evitare 4mila morti se fosse stata istituita la zona rossa in Valseriana, ci sono altri 19 indagati. Agostino Miozzo ex membro del cts ha chiesto che anche i suoi atti fossero inviati a Brescia dal momento che i reati sono in concorso con l'ex premier e l'ex ministro della Salute. Una richiesta che è stata accolta dalla procura generale, stessa sorte quindi per tutti gli altri indagati dal governatore della Lombardia Fontana a Silvio Brusaferro dell'Iss. Della corposa inchiesta sul Covid partita dalla procura guidata da Antonio Chiappani a Bergamo resterà solo la parte che riguarda l'ospedale di Alzano Lombardo, focolaio della Valseriana. 

 

 

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