Coronavirus, il laboratorio allestito al Policlinico Sant'Orsola a Bologna
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Il monito dell'Iss: sulla Pasqua: "Saremo in un momento festivo certamente di unione, ma purtroppo quest'anno non possiamo aggregarci"
I segnali sembrano incoraggianti: sono positivi i primi risultati dei test preclinici dei cinque candidati vaccini contro il coronavirus condotti in Italia dall'azienda Takis e i dati della Protezione civile sull'epidemia indicano che il miglioramento continua, con una graduale riduzione della pressione sulle strutture sanitarie e un numero delle persone guarite che ha superato 30.000.
I numeri dell'epidemia nel nostro Paese sono però ancora molto alti perché continuano i nuovi casi e cresce il bilancio dei decessi. La strada verso un vaccino è ancora molto lunga e complessa, ma senza dubbio i dati relativi ai primi test dei cinque candidati italiani sono una buona notizia: hanno creato una forte produzione di anticorpi.
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Tutti e cinque i candidati vaccini sono stati progettati per contrastare la principale arma che il virus utilizza per invadere le cellule, la proteina Spike. Si basano sui frammenti del materiale genetico del coronavirus che corrispondono a diverse regioni della proteina e tutti sono somministrati con la tecnica chiamata elettroporazione, che consiste in un'iniezione nel muscolo seguita un brevissimo impulso elettrico che facilita l'ingresso del vaccino nelle cellule e attiva il sistema immunitario.
Dei cinque vaccini in sperimentazione sono al momento due quelli che sembrano più promettenti.
Se questo è un passo importante, nell'immediato è fondamentale guardare all'andamento dell' epidemia. Anche in questo caso ci sono segnali incoraggianti, come le 30.455 persone guarite in Italia dopo aver contratto il virus, 1.985 in più rispetto a giovedì.
Si è ridotto di 108 unità anche il numero delle persone ricoverate in terapia intensiva, sceso adesso a 3.497, e sono diminuiti di 157 unità anche i ricoverati con sintomi, il cui numero complessivo è sceso a 28.242.
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Invita invece ancora a una grande cautela il numero dei casi in Italia, saliti a 98.273 compresi i guariti e i deceduti: 1.396 in più in 24 ore, mentre giovedì l'incremento era stato di 1.615. Il numero dei decessi è di 570.
Il presidente dell'Iss Silvio Brusaferro, intanto, ha avvertito: "le misure, in vista della fase 2 dovranno mantenere una scala nazionale". E se anche "la curva dell' andamento dell'epidemia mostra chiaramente una situazione di decrescita, questo non deve farci abbassare la guardia". Sulla Pasqua ha avvertito: "Saremo in un momento festivo certamente di unione, ma purtroppo quest'anno non possiamo aggregarci. Uniamoci negli affetti ma mantenendo il distanziamento. Le curve sono un segnale positivo, ma lo possiamo fare solo mantenendo misure".
Ma il presidente dell'Istituto superiore di sanità ha parlato dei "1822 decessi nelle Rsa della Lombardia". Ai numeri seguono le polemiche sulle carenze di protocolli e dispositivi di sicurezza, come le mascherine, e sulla mancanza di tamponi, elementi che potrebbero aver causato questa strage di anziani.
Polemiche a cui la Regione, per voce dell'assessore al Welfare Giulio Gallera, ha voluto rispondere con una conferenza stampa per ricordare che una commissione "autonoma e indipendente", ufficialmente appena nominata, si metterà "subito" al lavoro per fare chiarezza.
Mentre sul caso del Pio Albergo Trivulzio (oltre 120 morti da marzo in poi, con gli ispettori del Ministero della Salute già al lavoro) e su quello di un'altra quindicina di residenze indaga anche la Procura milanese per epidemia e omicidio colposo e violazione delle norme sulla sicurezza sul lavoro, Gallera ha affermato che già tra fine febbraio (il 23) e i primi marzo (l'8) la Regione dettò "linee guida" per le case di riposo. Indicazioni "precise" anche su "come trattare gli ospiti con sintomatologia simil Covid", che andavano isolati.
I trasferimenti dagli ospedali, accettati su base volontaria da 15 Rsa, sono serviti "per salvare delle vite", ha detto ancora, quando gli ospedali erano al collasso. E gli anziani, ha spiegato ancora l'assessore, hanno ricevuto migliori cure rimanendo nelle residenze perché "portare persone inferme nei pronto soccorso saturi sarebbe stato più rischioso per loro".
Intanto, dei numeri li hanno voluti fornire anche i sindacati su una delle terre più devastate dallo tsunami Coronavirus, la provincia di Bergamo, dove a marzo avrebbero perso la vita 1.100 ospiti nelle case di riposo. Un fronte su cui, tra l'altro, sono al lavoro anche i pm di Bergamo nell'inchiesta che vede al centro la gestione dei primi pazienti nel pronto soccorso di Alzano che divenne focolaio di contagio.
"E' evidente che in queste condizioni il Pronto Soccorso di Alzano Lombardo non può rimanere aperto", scriveva in una lettera il 25 febbraio il direttore sanitario della struttura, Giuseppe Marzulli, all'Azienda socio sanitaria Bergamo Est, che avrebbe deciso di riaprire il presidio il 23 febbraio, dopo poche ore di chiusura. Tutti elementi al vaglio dei pm, con l'acquisizione di documenti e l'ascolto di testimoni, tra medici e operatori.