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Riace, in Appello la condanna a Lucano scende a un anno e sei mesi | Caduti tutti i reati, tranne un falso

"E' la fine di un incubo che mi ha abbattuto, umiliato e offeso", ha commentato l'ex sindaco, che in primo grado era stato condannato a 13 anni e 2 mesi di carcere

Crollano in Appello le accuse contestate all'ex sindaco di Riace, Domenico Lucano.

I giudici di Reggio Calabria, infatti, lo hanno condannato a un anno e sei mesi di reclusione, con pena sospesa, contro la richiesta del pg di 10 anni e 5 mesi. In Appello è stata stravolta la sentenza di primo grado del Tribunale di Locri, che aveva inflitto a "Mimmo" Lucano 13 anni e 2 mesi di carcere per associazione per delinquere, truffa, peculato, falso e abuso d'ufficio. Dalla lettura del dispositivo emerge che la Corte lo ha assolto dai reati più gravi.

 

 

In primo grado la condanna di Mimmo Lucano era stata di 13 anni e 2 mesi

 La sentenza della Corte d'Appello di Reggio Calabria, presieduta da Elisabetta Palumbo, è giunta dopo 7 ore di camere di consiglio ed ha riformato profondamente la sentenza del settembre 2021 dal Tribunale di Locri che aveva condannato Lucano a 13 anni e 2 mesi di reclusione nel processo scaturito dall'inchiesta "Xenia" su presunte irregolarità nella gestione dei progetti di accoglienza dei migranti nel Comune di Riace.

 

Domenico Lucano condannato per un falso, assolti gli altri 17 imputati

 Lucano è stato condannato per un falso in relazione a una delibera del 2017 mentre sono stati assolti tutti gli altri 17 imputati del processo che, in primo grado, erano stati giudicati colpevoli. L'ex sindaco del Comune di Riace era accusato di diversi reati. Il più grave era quello di essere il promotore di un'associazione a delinquere finalizzata alla gestione illecita dei fondi destinati ai progetti Sprar e Cas. Tra i reati contestati dalla Procura generale all'ex sindaco di Riace anche la truffa aggravata, abuso d'ufficio, diversi falsi e un peculato. Tutti reati caduti in Appello, tranne un falso.

 

L'ex sindaco di Riace: "E' la fine di un incubo che mi ha abbattuto"

 E' la fine di un incubo che in questi anni mi ha abbattuto tanto, umiliato, offeso". Così Mimmo Lucano dopo la sentenza d'Appello. "E' la fine di incubo che per anni, ingiustamente, mi ha reso agli occhi della gente come un delinquente", ha aggiunto. La decisione della Corte d'Appello è stata accolta con grande soddisfazione da parte dei sostenitori di Lucano e della cooperativa di Riace.

 

"Denigrato per distruggere il modello Riace"

 Lucano ha poi proseguito: "Sono stato attaccato, denigrato e accusato, anche a livello politico e non solo, quindi, giudiziario, per distruggere il modello Riace, la straordinaria opportunità creata per accogliere centinaia di persone che avevano bisogno e per ridare vita e ripopolare i centri della Calabria".

 

Ha atteso il verdetto nella sua Riace

 Lucano non era in aula e ha atteso il verdetto della Corte d'appello nella sua Riace. "Essendo anche io un comune e mortale essere umano - ha aggiunto - è probabile che in questa vicenda abbia commesso degli errori ma di un aspetto, in particolare, sono sicuro, molto sicuro e convinto: ho sempre agito con l'obiettivo e la volontà di aiutare i più deboli e di contribuire all'accoglienza e all'integrazione di bambini, donne e uomini che fuggivano dalla fame, dalla guerra, dalle torture".

 

I legali: "Bella pagina per giustizia italiana"'

 "Un grande grazie, comunque - ha concluso Lucano - lo voglio rivolgere, in particolare, ai miei avvocati, al compianto Antonio Mazzone, a Pisapia e Daqua, non miei legali ma miei fratelli, uomini e professionisti che hanno capito sin da subito di avere di fronte un innocente". E i legali di Lucano hanno commentato così la sentenza. "Oggi è una bella pagina per la giustizia italiana", ha detto l'avvocato Andrea Daqua. "Eì stata una bella vittoria - ha aggiunto il legale - una soddisfazione per lui perché non abbiamo mai dubitato della sua innocenza, della sua onestà morale e intellettuale. Adesso glielo andiamo a comunicare".

 

Mimmo Lucano e la storia della cooperativa di Riace, "modello di accoglienza"

 La cooperativa di Riace è una associazione che si occupa di accogliere e integrare i migranti nel piccolo borgo calabrese. La cooperativa è nata nel 1999 per iniziativa dell'allora sindaco Domenico Lucano, che ha visto nei migranti un'opportunità per rivitalizzare il paese, spopolato e impoverito. La cooperativa offre ai migranti alloggio, lavoro, formazione e servizi, coinvolgendo anche gli abitanti del posto in un processo di mutuo apprendimento e condivisione.

 

Riace, nel 2018 Mimmo Lucano è stato arrestato

 L'ex sindaco di Riace è stato arrestato nel 2018 con l'accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. La cooperativa di Riace ha comunque continuato a svolgere le sue attività, ma ha incontrato diverse difficoltà. Nel 2018, il governo italiano ha tagliato i finanziamenti alla cooperativa, costringendola a chiudere temporaneamente. Tuttavia, la cooperativa è stata in grado di riprendere le sue attività grazie al sostegno di donazioni private e di organizzazioni non governative. Nel 2021, la cooperativa ha ricevuto un finanziamento di 2 milioni di euro dal governo italiano per riprendere le sue attività. La cooperativa sta attualmente lavorando per sviluppare nuovi progetti di accoglienza e per continuare a sostenere i migranti e la comunità locale.

 

Per Mimmo Lucano ci fu anche il divieto di dimora a Riace

 Nel giugno 2019 i giudici hanno anche confermato il divieto di dimora a Riace per Lucano. Tuttavia, nel settembre 2019, il Tribunale di Locri ha revocato la misura cautelare del divieto di dimora, consentendogli di tornare.

 

Chi è la moglie di Mimmo Lucano?

 Mimmo Lucano ha due figli. Dopo un matrimonio durato fino al 2016, attualmente vive con la sua nuova compagna Lemlem Teshfahun, conosciuta a Riace durante il suo impegno per aiutare i migranti.

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