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Assolto Ajhan Veapi, il macedone accusato di terrorismo internazionale

Era stato condannato per aver reclutato terroristi per l'Isis. Ora chiederà il risarcimento allo Stato

Assolto Ajhan Veapi, il macedone accusato di terrorismo internazionale - foto 1
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E' stato assolto in Cassazione Ajhan Veapi, il muratore di origini macedoni che era stato accusato di terrorismo internazionale.

Lo avevano fermato a Mestre il 26 febbraio 2016. Temevano volesse scappare all'estero dopo aver reclutato terroristi pronti a combattere per l'Isis in Siria. L'uomo, 41 anni, si è fatto 3 anni  e mezzo di carcere da innocente. La sua vicenda fece parecchio discutere. A Tiezzo di Azzano Decimo (Pordenone), la città in cui risiedeva era scoppiata una polemica perché sua madre continuava a percepire un sussidio pubblico nonostante il suo l'arresto.

Le sentenze di primo e secondo grado Ajhan Veapi era stato condannato a 4 anni e 8 mesi in primo grado dal gip di Venezia. La sentenza fu onfermata in appello. L'antiterrorismo di Venezia sosteneva che l'imputato, all'epoca consigliere del centro islamico di Pordenone, fosse il braccio destro di Bilal Bosnic, un imam ritenuto colpevole di fare proselitismo militare. La tesi dell'avvocato di Veapi, Stefano Pietrobon, è sempre stata quella dell'innocenza: il macedone aveva effettivamente invitato l'imam a tenere dei sermoni nella sua città, ma era del tutto estraneo alle sue attività illegali. Durante le varie fasi del processo Veapi è stato 40 giorni in carcere a Venezia, un anno e mezzo a Nuoro e quasi due a Sassari, sempre in celle di massima sicurezza.

L'assoluzione e la richiesta di risarcimento La Cassazione ha riaperto il caso lo scorso maggio ed è giunta alla conclusione che Veapi non può essere accusato di aver arruolato dei combattenti ma al massimo di essere stato arruolato lui stesso. Quest'ultimo reato, però,  non era ancora stato istituito all'epoca dei fatti. Ad assoluzione confermata Pietrobon ha annunciato che “scatterà la richiesta di risarcimento allo Stato per ingiusta detenzione: per prassi ormai consolidata, un giorno in cella “vale” 235 euro, il mio cliente potrebbe chiedere circa 300.000 euro di danni”.