«Cangialosi sia uomo e si difenda in tribunale, come ho fatto io». Non usa mezzi termini Elena Romani, la madre della piccola Matilda, la bimba uccisa a Roasio (Vercelli) il 2 luglio 2005 con un calcio alla schiena. La hostess di Vercelli, processata e assolta in appello a dicembre, non accoglie linvito a un confronto mediatico, lanciato in febbraio dallex fidanzato Antonio Cangialosi proprio dalle pagine di Panorama 9.
Al contrario lo attacca, punta il dito contro di lui: «Ora i magistrati mettano sotto inchiesta lui». Nelle motivazioni dellassoluzione, uscite il 16 marzo scorso, si legge: «Non residuano dubbi di sorta sulla totale estraneità di Elena Romani». Ma in 162 pagine si fa di più: si accusa Cangialosi, già prosciolto due volte dal giudice delle indagini preliminari. «Ha commesso un delitto insensato e feroce solo perché non è stato capace di comprendere che si trovava di fronte a una bambina nervosa, delicata e priva di difese».
Il suo ex compagno Cangialosi potrebbe essere processato. È soddisfatta?
Soddisfatta non è la parola giusta: chiedo che venga fatta giustizia sulla morte di mia figlia. Io sono stata giudicata due volte e per due volte sono stata assolta. È normale, visto che ho sempre detto la verità. Ma non sono soddisfatta, e non posso che provare un immenso dolore, anche se lassassino di Matilda viene processato. Io pagherò sempre, anche da innocente, perché mia figlia non ce lho più.
Cangialosi , su «Panorama», lha accusata di mentire e le ha chiesto un confronto. Che cosa risponde?
Il signor Cangialosi deve capire una cosa sola: lunico confronto che io accetto è quello che si tiene in tribunale, non davanti alle telecamere o sui giornali. Io sono andata a ogni udienza, ho raccontato ai magistrati ciò che era avvenuto. Quindi la smetta di chiedere un confronto a me. Noi due sappiamo bene ciò che è avvenuto in quella casa e chi ha ucciso Matilda. Io lho raccontato, dimostrato, e sono stata assolta. Ora tocca a lui.
Ma lei è veramente convinta che sia stato Cangialosi a uccidere Matilda?
Io la verità la conosco: solo uno di noi poteva fare male alla mia piccola. E non sono stata io. Cangialosi non deve convincere me, quindi, ma i magistrati. Per conto mio, la sentenza nei suoi confronti lho già pronunciata: colpevole.
Lui però sostiene di avere sempre collaborato con la giustizia. Non è così?
Non è così. Il signor Cangialosi ha avuto la possibilità di partecipare al sopralluogo nella casa di Roasio, dove veniva ricostruito davanti ai giudici quello che avevamo fatto il 2 luglio, prima della morte di Matilda. Cangialosi si è presentato, ma si è rifiutato di entrare in casa. Al posto suo ha dovuto recitare un carabiniere. Se voleva il confronto, doveva entrare e dire tutto quello che aveva fatto.
Come ricorda il giorno del sopralluogo?
È stato terribile. Rifare le stesse cose che avevo fatto lattimo prima che morisse Matilda è stato doloroso, dilaniante, faticoso. Ma, se lho fatto io, poteva farlo anche lui. E se fosse stato un uomo, e ancor più un uomo in buona fede, credo che sarebbe entrato in quella casa.
Perché solo lei è stata imputata?
Leffetto Cogne ha influenzato gli inquirenti. È stata dura. Ero accusata di omicidio preterintenzionale, se avessi confessato sarei stata scarcerata. Il pm diceva: «Ammetta di avere ucciso sua figlia e uscirà, è stato un incidente». Per nove mesi sono stata privata della libertà. Ma ho sempre detto: non ho ucciso la mia Matilda, nessun incidente. Se il prezzo della verità passa per il carcere, resto dentro.
Sente il peso del giudizio della gente?
No. Chi mi conosce sa lamore che provavo per Matilda e che mai le avrei fatto del male. Forse per molti resterò sempre «lhostess che ha ucciso sua figlia con una scarpa». Non mimporta. La sola cosa che umilierebbe me e il ricordo che conservo di mia figlia Matilda sarebbe avere mentito. E io ho detto la verità.