Si è sparato un colpo alla testa con la pistola d'ordinanza. Così è morto Bruno Fortunato, sovrintendente della polizia ferroviaria che, il 2 marzo del 2003, consentì la cattura di Nadia Desdemona Lioce e uccise Mario Galesi, vertici delle nuove Br su un treno Roma-Firenze. Ignoto il motivo del gesto anche se, da quella sparatoria, Fortunato, 52 anni, originario di Portici (Napoli), oltre a restare gravemente ferito, non era stato più lo stesso.
In quell'azione, rimase ucciso il suo collega Emanuele Petri. Ed evidentemente la cosa aveva lasciato un segno indelebile nel suo animo.
"E' una cosa che non mi aspettavo" ha detto Alma Petri, la vedova di Emanuele, visibilmente scossa. Un uomo che non si riteneva un eroe, dice il figlio Giuseppe. "Mio padre - dice ai microfoni dei tg Mediaset - era una persona molto orgogliosa, severa, anche se socievole e amichevole. Aveva comunque un carattere molto forte. Non so se era scosso, certamente non faceva trasparire questo stato d'animo, anche se ogni tanto era triste, aveva pensieri, però non dava segni di poter arrivare a un gesto del genere".
"Il mio rammarico più grande? - aveva detto tempo fa Fortunato testimoniando in uno dei processi alle Br - Non avere sparato, non avere ucciso Nadia Desdemona Lioce che mi puntava contro la pistola e non è riuscita ad ammazzarmi solo perché aveva la sicura".