Accusato di essere "referente politico"
Il ministro per i Rapporti con le Regioni, Raffaele Fitto, è stato rinviato a giudizio a Bari con l'accusa di concorso in turbativa d'asta e di interesse privato nell'inchiesta Cedis (società che controllava diversi supermercati pugliesi). I fatti si riferiscono al periodo in cui Fitto era presidente della Regione Puglia: nel procedimento è accusato di essere "concorrente estraneo" nella vicenda in quanto "referente politico" di altri indagati.
Nel dettaglio, in concorso con altri, Fitto è accusato di reati compiuti in relazione alla vendita, per sette milioni di euro, a fronte di un valore stimato di 15,5 milioni di euro, della "Cedis" a un contraente predeterminato: la società Sviluppo Alimentare riconducibile all'imprenditore Brizio Montinari.
Oltre che per il ministro dei Rapporti con le Regioni, il gup del tribunale di Bari, Marco Guida, ha disposto il rinvio a giudizio per due dei tre commissari straordinari della Cedis: Antonio De Feo e Giuseppe Rochira. Per il terzo commissario, Franco Cesare Lopasso, l'avvocato difensore ha chiesto e ottenuto il giudizio con rito abbreviato.
Il rinvio a giudizio è stato disposto dal gup anche per il consulente contabile della procedura, Stefano Montanari, per l'allora dg del settore sviluppo produttivo del ministero delle attività produttive, Massimo Goti, e per l'imprenditore Brizio Montinari. Il processo è stato fissato dinanzi al giudice monocratico del tribunale di Bari per l'udienza del 12 maggio 2009.
La difesa: "Solo un rinvio del proscioglimento"
"Più che un rinvio a giudizio è un rinvio del proscioglimento. Gli elementi sono assolutamente tranquilli per poter essere del tutto ottimisti; si è scelto un ulteriore passaggio processuale di cui non vi era alcun bisogno". Lo ha detto l'avv.Francesco Paolo Sisto, subito dopo il rinvio a giudizio del suo assistito, il ministro Raffaele Fitto. "Siamo sereni e tranquilli. L'udienza preliminare - ha spiegato - spesso non fa da filtro per evitare dibattimenti inutili".
"Non ci aspettavamo questa decisione perché nel corso dell'udienza preliminare abbiamo offerto un contributo puntuale ed approfondito che ci lasciava ritenere che una decisione neanche coraggiosa, ma una presa d'atto potesse evitare la lungaggine dibattimentale". "Ma l'approfondimento di una verità evidente - ha concluso - è uno sport del tutto dispendioso e disdicevole per una giustizia che possa definirsi credibile".