Procura Sassari proscioglie medico
Giovanni Nuvoli, l'ex arbitro algherese malato di Sla deceduto il 23 luglio dello scorso anno dopo un calvario clinico e giuridico di sette anni, si lasciò morire di sete: è la conclusione del gip di Sassari, Maria Teresa Lupinu, che accogliendo la richiesta del pm Paolo Piras ha prosciolto Carlo Sini, il medico che si occupò dell'assistenza domiciliare. "Nessuno - è la conclusione della Procura - può essere ritenuto responsabile di quanto accadde".
A gennaio il Pm aveva raccolto in cinque pagine la sua richiesta di archiviazione. "La sclerosi laterale amiotrofica - scriveva il magistrato - lo ha indebolito fin quasi alla morte, e la sete lo ha finito. Giovanni Nuvoli l'ha ucciso la Sla, una malattia che paralizza ogni muscolo del corpo e non perdona. Ma al termine di un calvario clinico e giuridico il colpo di grazia glielo ha dato la sete, il 23 luglio dello scorso anno".
Sini, iscritto nel registro degli indagati con l'ipotesi di reato di omicidio del consenziente, aveva seguito Nuvoli da quando, ad aprile dello scorso anno, l'ex arbitro aveva lasciato il reparto di Rianimazione dell'Ospedale Civile di Sassari. Nelle cinque pagine della richiesta di archiviazione il sostituto procuratore Paolo Piras ripercorre la vicenda di Nuvoli, costretto dalla Sla a rimanere a letto per sette anni, e per gli ultimi quattro a non poter parlare in seguito a una tracheotomia. Dopo aver chiesto più volte che gli venisse staccato il respiratore che lo teneva in vita, dal 16 luglio 2007 Giovanni Nuvoli iniziò a rifiutare la somministrazione di liquidi e cibo, e il 23 luglio alle 23 morì.
Per il magistrato, che ha seguito fin dall'inizio il caso, il medico, che ha rispettato la sua decisione di non alimentarsi e lo ha assistito fino alla morte, non ha commesso un reato. Anzi, lo stesso pm sottolinea l'incertezza giuridica della materia: "E' necessaria una legge - si legge nella richiesta di archiviazione - perché i magistrati privi di leggi a disposizione sono come i medici senza farmaci. Nuvoli è morto di sete, a conclusione di un calvario clinico. E giuridico, perché in Italia manca una legge che faccia chiarezza. Così in Italia il medico che non vuole rischiare e' costretto a lasciare morire di sete il suo paziente".