In carcere fondatore Fulchir e moglie
La Guardia di Finanza di Venezia ha arrestato cinque persone, ha emesso tre ordinanze di custodia cautelare per altre tre che risultano latitanti all'estero e ha compiuto 15 perquisizioni nell'ambito dell'inchiesta della magistratura di Padova sul crac Finmek da un miliardo di euro. Tra gli arrestati Carlo Fulchir, imprenditore 45enne di Buja (Udine) e fondatore dell'azienda e la moglie Doris Nicoloso.
I provvedimenti sono stati emessi dal gip Cristina Cavaggion su richiesta del pm Paola De Franceschi.
Il Nucelo regionale di polizia tributaria ha fatto sapere inoltre che Fulchir, di cui in un primo tempo era stato detto che fosse stato consigliere economico del ministro Pierluigi Bersani nel governo D'Alema, poi smentito dal portavoce dello stesso ministro dello Sviluppo economico, è in carcere a Padova come gli altri arrestati. Solo la moglie di Fulchir è invece detenuta a Venezia. Per loro le accuse sono di associazione a delinquere finalizzata alla bancarotta frudolenta, falso in bilancio, riciclaggio.
L'ex presidente del gruppo Finmek, Roberto Tronchetti Provera, fratello del presidente della Pirelli, risulta invece nell'elenco degli indagati, con l'ipotesi di accusa di concorso in bancarotta fraudolenta.
Il terzo crac più grosso dopo Cirio e Parmalat
Il colonnello Pier Luigi Pisano, comandante del Nucleo di polizia tributaria "Veneto" di Venezia, ha spiegato all'agenzia Reuters: "Parliamo di un crack di un miliardo di euro, di falsi in bilancio per 650 milioni di euro e di distrazioni per 150 milioni di euro. Quindi le somme non solo sono consistenti, ma anche lo spessore del fallimento è notevole: è il terzo dopo Cirio e Parmalat".
L'inchiesta
Le indagini sono state avviate circa due anni fa. Dopo che nel 2002 Fulchir aveva chiesto un prestito obbligazionario emettendo un bond da 150 milioni di euro, nel 2004 il Tribunale di Padova dichiarò l'insolvenza del gruppo Finmek, ammesso alla procedura di amministrazione controllata. I finanzieri hanno così accertato quindi che il Gruppo Finmek aveva nel tempo fatto una serie di acquisizioni societarie, finalizzate allo sviluppo di grossi progetti imprenditoriali, usufruendo anche di consistenti contributi pubblici, senza però ripianare le situazioni di crisi esistenti. Inoltre sarebbe stata creata una serie di società, tra l'Italia e l'estero, con l'obiettivo di svuotare le risorse rendendo inevitabile il fallimento del gruppo.
Il colonnello Pisano ha spiegato che l'inchiesta verte su una serie di passaggi fra le casse del gruppo Finmek e diversi conti correnti esteri e società fittizie ubicate in paradisi fiscali tipo Bahamas, Gibilterra e Andorra. Gli inquirenti ipotizzano che i soldi confluissero nelle mani di Fulchir, della moglie e del fratello, ritenuti "i tre principali responsabili", ha spiegato Pisano. "Verso la fine degli anni Novanta Fulchir inizia a recuperare tutta una serie di società che operavano nel settore tecnologico: Olivetti, Texas Instruments, Telit, Magneti Marelli. Le prende, fa grandi progetti di rilancio industriale perché si tratta di ditte che sono in difficoltà ... e si fa dare i soldi dallo Stato", dice il colonnello, aggiungendo che Fulchir si sarebbe impossessato dei finanziamenti.
Seimila dipendenti sul lastrico
L'operazione rappresenta la conclusione di due anni di indagini svolte tra 8 stati esteri, compiute su 100 società, dopo aver vagliato 11 mila istanze di creditori, controllato 700 conti correnti bancari e analizzato 18 mila ore di intercettazioni telefoniche. Già in aprile i finanzieri avevano sequestrato beni per 15 milioni di euro. Il crack coinvolse quasi 6 mila dipendenti che si trovarono di colpo senza lavoro. Le società che rientrano nel crack, e tutte parti del gruppo, sono dislocate tra Piemonte, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Abruzzo, Lombardia, Sardegna e Campania. Tra le piu' note Telit, ex Olivetti, Italtel, Magneti Marelli, Ixtant e Ixfin.
Il gruppo
La Finmek, gruppo di ingegneria elettronica delle telecomunicazioni con sede a Padova, presieduto all'epoca da Roberto Tronchetti Provera, avrebbe svolto una politica di acquisizione e cessione di aziende sbagliata, disperdendo capitali che hanno portato la società al fallimento. Queste manovre societarie, nell'ipotesi dell'accusa, avrebbero fatto diventare carta straccia i bond emessi dalla Finmek nel 2001 per un valore di quasi 150 milioni di euro.
Il gruppo era stato dichiarato insolvente il 12 maggio 2004 e tuttora usufruisce dei benefici pubblici finalizzati al salvataggio delle grandi aziende in crisi, già applicati alla Parmalat.