cronaca

Cogne, nuovo giallo su arma delitto

Padre Franzoni: speriamo non la trovino

24 Feb 2006 - 10:37

Un nuovo capitolo si aggiunge al giallo di Cogne. Secondo quanto riportato dal quotidiano La Stampa, Giorgio Franzoni, il nonno materno di Samuele, avrebbe pronunciato parole compromettenti in una conversazione, intercettata dai carabinieri, con il genero o forse il consuocero. "Speriamo che non la trovino l'arma", avrebbe detto  il 5 marzo 2002 sull'auto guidata da Stefano Lorenzi che si dirige verso Bologna.

Sembra che al momento fosse presente anche Annamaria Franzoni, e il padre, Giorgio Franzoni avrebbe parlato di un martelletto da immergere nell'acido muriatico e da far ritrovare dai carabinieri nei dintorni dello chalet di Cogne. Dell'utensile si parla in almeno altre due intercettazioni, con più di un'indicazione sul che farne: andava "comprato", si doveva sottoporlo al "bagno" nell'acido per far sparire ogni traccia sul manico. In quel periodo, che va dal giorno dell'assassinio all'arresto della madre, il 14 marzo, gli investigatori stavano ancora cercando l'arma del delitto.

Verso la fine dell'ultima conversazione, Giorgio Franzoni dice in dialetto che gli spiace di "non averlo fatto", di aver rinunciato al progetto del martelletto. In aula il 19 dicembre la figlia aveva liquidato il senso della conversazione come uno scherzo. Ma in tutto ciò - secondo La Stampa - c'è qualcos'altro che stupisce: i Franzoni-Lorenzi sospettavano di essere intercettati; a volte parlavano in perfetto italiano, altre in dialetto stretto.

Per La Stampa, quelle annotazioni sono state dimenticate per anni, nel giudizio di primo grado non se n'è tenuto conto, accusa e difesa erano assolutamente impegnate a fronteggiarsi su consulenze di parte e perizia d'ufficio, pigiama, zoccoli e quant'altro. Con l'inizio dell'appello ha cominciato il procuratore generale Vittorio Corsi ad attingere a quelle carte. Le registrazioni non sono mai state sbobbinate.

Contengono una piccola miniera di affermazioni di grande effetto e rivelano grande attenzione sul da fare per arginare le indagini e orientare l'opinione pubblica. In una conversazione si tira in ballo il generale Sergio Siracura, all'epoca comandante generale dei Carabinieri, come a chi ci si deve rivolgere per far strapazzare il comandante del Ris, il colonnello Luciano Garofano, diventato il nemico numero uno. Ricorre anche la buona conoscenza dell'onorevole Udc Pier Ferdinando Casini come uno dei politici cui chiedere aiuto.

Taormina: "Cose stravecchie"
Nelle conversazioni recuperate la famiglia del piccolo Samuele esprime giudizi anche sull'avvocato Carlo Taormina, difensore di Annamaria Franzoni: "Va bene, è uno che spaventa le persone". Taormina, intanto, ha voluto intervenire subito sulle notizie diffuse dalla Stampa in merito alle affermazioni del nonno di Samuele. Si tratta di "cose stravecchie, stranote" ha dichiarato. "Fanno parte dei primi giorni dell'inchiesta, erano già state esaminate e non se ne era tenuto conto, spiega Taormina, probabilmente non giudicandole importanti per le indagini". In realtà, secondo quanto riferisce l'avvocato, si tratterebbe dell'estrapolazione non corretta di una conversazione più ampia svoltasi tra Annamaria e il padre durante un viaggio in auto. La mamma di Samuele, in quell'occasione, avrebbe riferito di avere avuto notizia dagli inquirenti che confidavano di ritrovare presto l'arma e il nonno di Sammy avrebbe detto "speriamo che quell'arma si trovi". Lo stesso Giorgio Franzoni avrebbe però anche aggiunto con una battuta "mo' gliela mettiamo noi quell'arma".

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