I pm ipotizzano il reato di istigazione al suicidio. Al setaccio il cellulare e i contatti del ragazzo sui social network
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Nella lettera scritta prima di morire, il giovane gay che si è tolto la vita l'altra notte a Roma fa riferimento a vessazioni subite negli ultimi mesi e a discriminazioni nei suoi confronti per l'orientamento sessuale. Su questo aspetto i pm della Procura di Roma hanno concentrato la loro attenzione, ipotizzando pertanto il reato di istigazione al suicidio.
Gli inquirenti, coordinati dal procuratore aggiunto Pierfilippo Laviani, stanno analizzando la lettera lasciata nella quale non vengono fatti nomi ma, spiegano fonti investigative, "emergono elementi chiari del disagio in cui viveva il giovane" vittima di vessazioni. Si tratta dello stesso biglietto in cui il giovane lancia un atto d'accusa: "L'Italia è un Paese libero, ma ci sono gli omofobi. Chi ha questi atteggiamenti deve fare i conti con la propria coscienza".
Chi indaga vuole chiarire, in primo luogo, perché il giovane abbia scelto l'undicesimo piano di un palazzo del comprensorio dell'ex pastificio della Pantanella, nella zona di via Casilina, per lanciarsi nel vuoto mentre la sua abitazione si trova nella zona di Centocelle. Gli uomini della scientifica hanno, inoltre, escluso che Simone fosse salito all'undicesimo piano in compagnia di qualcuno. Dai rilievi effettuati non sono emerse altre impronte o tracce se non quelle del ragazzo. Intanto si sta ancora lavorando sul cellulare e sui contatti dei social network.
Risposte importanti alle indagini potrebbero arrivare dalla sorella del giovane che era a conoscenza della omosessualità del ragazzo e che forse potrebbe dare elementi utili a capire se realmente il ragazzo fosse perseguitato da qualcuno.